Giovedì 18 Aprile 2024

Manuel e quella sfida in casa dei "maestri"

Come Mancini che ha battuto gli inglesi a domicilio, così Lombardo spera di fare altrettanto in Giappone contro i campioni del judo

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Dall’inviato Leo Turrini

Il momento Mancini di questa complicatissima Olimpiade è già qui. Abbiate fede! Se pensate sia una impresa battere gli Inventori (presunti) del calcio a casa loro, in una Eurofinale, beh, provate ad immaginare che cosa significa vincere una Olimpiade nel judo, battendo un giapponese a Tokyo…

E’ una storia unica e pazzesca, quella di Manuel Lombardo. Torinese, classe 1998. Un amore smisurato per la materassina della palestra sin da piccolino. Chissà, forse qualcuno deve avergli narrato la gesta dell’eroico Pino Maddaloni, scappato dalla camorra e medaglia d’oro nel judo a Sydney nel 2000, quando Manuel ancora non andava all’asilo. Venti anni dopo, anzi ventuno causa Covid, rieccoci qua. Come in un romanzo di Dumas, sissignore.

Tanto, che te lo dico a fare, amico lettore? L’Italia è piccola e grande al tempo stesso, proprio perché ospita vicende umane che non di rado hanno il pregio di sorprendere, stupire, emozionare. E intendiamoci bene: noi sul tatami ne abbiamo avuti di campioni, mi viene in mente anche Ezio Gamba, per dire, uno che era talmente bravo da finire in Russia a fare da maestro al presidente Putin, mica uno scherzo.

Solo che. Solo che qui c’è di mezzo il Giappone, che sta al judo come Gerusalemme sta alle religioni monoteiste e lo scrivo senza la benchè minima intenzione blasfema. Il judo è arte, è cultura, è modo di interpretare le miserie e le grandezze della quotidianità. Appartiene al Dna del popolo che avventurosamente ci ospita: i Giochi del 1964, sempre a Tokyo, tennero appunto a battesimo l’ingresso della disciplina nel programma olimpico.

Beh, indovinate un po’ quel che accadde? Capitò, tra lo sgomento degli allora sudditi dell’imperatore Hiro Hito, che nella categoria open, cioè senza limiti di peso, ad imporsi fu un selvaggio olandese. Anton Geesink portò sull’orlo del suicidio una generazione. Ottenendo in cambio la venerazione degli appassionati occidentali: persino l’Italia si riempì di palestre dedicate al Tulipano del Tatami.

Oh, ora togliete giusto il discorso del peso. Nel senso che Manuel Lombardo gareggia nella categoria fino ai 66 chili. Ma ha la stessa, sana ossessione: fare come Geesink. Infliggere la sconfitta ai Maestri del judo. In particolare al nemico sportivo numero uno: tale Abe, che non soltanto per origini e Dna è un fuoriclasse, ma che pare goda pure di simpatici (si fa per dire) supporti arbitrali.

Lombardo è campione d’Europa. E’ vice campione del mondo (aveva perso la finale contro un altro nipponico). E’ un allievo della scuola piemontese, come il Basile dorato di Rio. Ha narrato a ciglio asciutto le peripezie da pandemia, le palestre chiuse, le difficoltà nel conservare la condizione, la voglia disperata e disperante di vivere un momento alla Roberto Mancini. Battere i giapponesi nel judo è come battere gli inglesi in una finale di calcio. O forse è anche di più, al limite è questione di punti di vista.

Il momento Mancini di Manuel Lombardo arriva già domani, domenica. Dicono che il sorteggio non lo abbia aiutato granchè, sussurrano che con tutta la cortesia di questo momento e di questo momento i Maestri del tatami non accetteranno mai di concedergli la gloria che fu di Geesink.

Oddio, magari hanno ragione. Ma non immaginavano forse la stessa cosa i presuntuosissimi inglesi, in una recente notte di Wembley?