L’Italia è sazia, Allegri no

Italo Cucci

Una sana, antica lettura - Thomas Carlyle, storico scozzese - mi ha insegnato a evitare di gettare il bambino con l’acqua sporca, visto il mestiere di critico calcistico che andavo a cominciare. Già c’era Bartali col suo "l’è tutto sbagliato, tutto da rifare" parole con le quali l’amico Gino giocava, apparendo una sorta di castigamatti quando invece era un pezzo di pane. Anche lui, in verità, mi suggerì equilibrio, fatti salvi quei momenti che a Roma, dove ho lungamente vissuto , fanno dire “quanno ce vò ce vò”. Il bambino è il campionato, l’acqua sporca è la Nazionale. Ma molti pensano e dicono di buttarli insieme; o insieme bruciarli, il falò delle vanità.

L’Italia di Roberto Mancini l’ho presto archiviata con una sentenza del grande Giacomo Biffi, “sazia e disperata”, incapace cioè di recuperare la fame spenta dal trionfo di Wembley e l’animo battagliero di quegli stessi giocatori, riproposti a Palermo in versione Club Med, pura esibizione di reducismo. Ma il Derby d’Italia, Juventus-Inter – quale sarà il suo destino, quanti gol, sorrisi e lacrime farà versare – resta una partita piena di fascino, pronta a battezzare un campionato bello per la sua incertezza che dopo nove scudetti juventini pareva perduta.

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