Mercoledì 24 Aprile 2024

Le strisce senza stelle

Paolo Franci

Tra le stelle e le strisce che si confondono nel calcio dei patron americani ci deve essere qualcosa che non va. Chissà, forse è quella invidiabile venerazione che hanno per la loro ‘Stars and Stripes’, la bandiera americana. O forse nella loro visione non può esserci spazio che per 13 strisce rosse e 50 stelle. Siano quest’ultime di stoffa o carne e ossa. Totti, De Rossi, Maldini o Ibra: per il padrone Usa non ce n’è per nessuno. D’altra parte, c’è un altro modo per definire il loro vessillo, Old Glory. Vecchia Gloria. Ecco, forse la spiegazione per le defenestrazioni americane (che sia Singer o Pallotta poco cambia) di simboli e, di più, di giocatori che ti fanno vincere come Zlatan - guarda un po’ il Milan "con" o "senza" e dimmi - c’è il senso di quella definizione. La Old Glory può essere solo una, di stoffa, piena di eroi, storia e retorica. E anche se, come Ibra, ti cambia la squadra come un "6" al Superenalotto non fa differenza. Poi però scopri che la detottizzazione di James Pallotta è stata un disastro nel rapporto con la gente e nel togliere un punto di riferimento alla squadra. E non è mica servita la lezione: bis con De Rossi, of course. Guardate la Juve come si tiene stretto Gigi Buffon: pensate che il calcio sia solo minuti in campo, garretti d’acciaio e muscoli-capolavoro? No. E proprio il Fondo Elliot che mette alla porta un dio del pallone, Zlatan Ibrahimovic, ne è dimostrazione.

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