di Doriano Rabotti Aziz Abbes Mouhiidine ha 23 anni, la corona di campione europeo di pugilato intorno alla vita e una vita che regala fiducia. Perché i suoi guantoni, oltre a fruttargli medaglie, incoraggiano a credere in un’integrazione possibile. In lui convivono cromosomi, religioni e culture diverse, nel modo migliore: nessuna identità prevarica l’altra, insieme si arricchiscono. Mouhiidine, partiamo dal titolo europeo: a distanza di qualche giorno che effetto fa? "L’emozione è ancora tanta, sono ancora incredulo del risultato. E’ un piacere aver riportato quel titolo in Italia dopo 24 anni, ma è solo l’inizio. Punto a Parigi 2024, i miei progetti sono concentrati sulle Olimpiadi". Intanto è in Lettonia, dove il campione del mondo professionisti Mairis Briedis l’ha chiamata come sparring. "Sì, mi segue dai tempi in cui arrivai secondo ai mondiali di Belgrado, mi ha chiamato a Riga perché somiglio al suo avversario australiano, Jai Opetaia, contro il quale difenderà il titolo". Abbes, il suo cognome tradisce origini nordafricane. "Perché mio padre Abdullah era marocchino. Venne in Italia all’università di Perugia a 18 anni con una borsa di studio per frequentare Ingegneria. Un giorno andò a trovare un amico a Salerno e conobbe mia madre, che è di Mercato San Severino. Era il ’96, fu amore a prima vista, nel ‘98 sono nato io". Suo padre era musulmano, sua madre è cattolica. Lei che scelta ha fatto? "Mia madre Emiliana faceva la ragioniera, poi la mamma a tempo pieno, mentre mio padre dopo gli studi mise su una impresa edile. Oggi mio padre non c’è più, ma i suoi insegnamenti vivono dentro di me". Ha subito episodi razzisti? "Mai, nemmeno per scherzo. La mia è una famiglia di vera integrazione. Mio padre era musulmano, ma rispettava la cultura di mia madre cattolica. A casa si festeggiavano due Pasque. A 6 anni mi chiesero che cosa volevo scegliere, mio ...
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