Mercoledì 24 Aprile 2024

La solitudine dei numeri uno

Leo Turrini

La solitudine dei Numeri Uno. Anche se oggi, in ossequio al calcio moderno, non sono pochi i portieri che sulla schiena di numero ne hanno un altro.

Ma sempre lì torniamo: alla solitudine dell’estremo difensore (una volta si diceva così, "il portiere caduto alla difesa ultima vana", versi memorabili di Saba il poeta), costretto a confrontarsi con l’iniquità del ruolo stesso. Sbaglia un attaccante? Pazienza, si rifarà. Sbaglia, grossolanamente, il portiere? Catastrofe assoluta.

Qui non si tratta di difendere (appunto) lo sciagurato Radu, costato all’Inter tre quarti di scudetto nella folle notte di Bologna. Non ci sono scusanti, come non esistono alibi per Buffon in B o per Meret del Napoli.

In compenso, dovremmo tutti renderci conto di quanto le regole nuove abbiano complicato la vita dei Numeri Uno. Una volta bastavano le mani, oggi servono anche i piedi e non a caso un fenomeno come Neuer del Bayern sta spesso fuori area. Allison del Liverpool pure. È cambiato il mestiere, è aumentato il rischio e magari dovrebbe salire anche il nostro tasso di umana comprensione.

Ma non accadrà. Oltre vent’anni fa, all’Europeo del 2000, in semifinale l’azzurro Toldo fece sbagliare agli olandesi cinque (5, esatto) rigori.

Eppure, ci ricordiamo soltanto del “cucchiaio” di Francesco Totti al portiere degli Arancioni…