La palla ovale è rosa: Italia mai così in alto

L’exploit delle azzurre, tutte dilettanti, ai Mondiali in Nuova Zelanda. È la prima volta in assoluto per una nostra nazionale

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di Paolo Grilli

C’è chi fa la farmacista, come Beatrice Rigoni. Chi studia ingegneria: è il caso di Michela Sillari. Vittoria Ostuni Minuzzi ha fatto il liceo classico, la capitana Elisa Giordano è impiegata. Storie di ordinaria eccezionalità, per le azzurre dell’Italrugby appena entrate di forza in una storia più grande. Mai la Nazionale, neanche al maschile, era arrivata prima d’ora ai quarti di finale di un Mondiale. Le donne che sorpassano gli uomini: non è certo una novità. Sabato all’alba, alle 5.30 italiane con diretta su Rai 2 e Sky Sport Arena, ci aspetta la Francia a Whangarei per la nostra quarta gara di questo mondiale in Nuova Zelanda. E, ancora imbattuti, non vogliamo svegliarci da questo magnifico sogno.

L’impresa delle nostre è giunta quasi inaspettata ai più, ma è frutto di una programmazione lungimirante da parte della Federazione. Che è riuscita, un anno fa, a fornire per venticinque azzurre un contratto centralizzato che garantisse un compenso adeguato – si parla di non più di 1.200 euro al mese, i calciatori prendano nota – per supportarle nei loro impegni sempre più intensi sul campo in parallelo a quelli ’quotidiani’.

Il professionismo non è ancora contemplato in un movimento, quello rosa della palla ovale, che pur in vertiginosa crescita può contare ora su non più di 10mila tesserate: circa un nono degli uomini.

"Non c’è passione più forte di quella per il rugby". La risposta è pressoché unanime, da parte delle nostre, se si domanda loro perché delle ragazze debbano cimentarsi in uno sport fisicamente così duro, per quanto impregnato da sempre di una proverbiale lealtà. Alcune hanno anche valicato i nostri confini per inseguire le loro ambizioni nella palla ovale: come Sara Tounesi, in forza al Sale Sharks in Inghilterra, o Melissa Bettoni, dello Stade Rennais in Francia. Anche all’estero, però, il rugby femminile è prettamente dilettantistico e un “contributo“ economico alla propria vocazione sportiva è tutto quello che ci si può aspettare.

Ieri l’Italrugby ha lasciato Auckland con direzione Whangare nell’Isola del Nord della Nuova Zelanda: l’Isola che non c’era, quella delle migliori otto del Mondiale, è però già conquistata.

Contro Stati Uniti, Canada e Giappone sono arrivate nel girone vittorie di puro cuore. "Arrivare ai quarti è un risultato importante, diverso da quelli che abbiamo raggiunto in passato. Siamo orgogliosi e soddisfatti – ha commentato il ct Di Giandomenico – anche perché tutto il movimento italiano merita questo traguardo. Noi dobbiamo rimanere concentrati sulla prestazione, che non è stata delle migliori. Dobbiamo ritrovare energia e fiducia nel nostro gioco per esprimerlo al meglio nel prossimo impegno".

Nessun volo pindarico, quindi. Il commissario tecnico azzurro sa quanto sia difficile raggiungere certi risultati, e quanto sia ancora più arduo mantenersi poi a certi livelli. Lui è dal 2007 alla guida della nostra Nazionale, e questo risultato è frutto di anni e anni di lavoro.

Sono Nuova Zelanda-Galles, Inghilterra-Australia e Canada-Stati Uniti gli altri tre quarti di finale. Sfide che trasudano la storia di questo sport, per quanto recente.

Proprio il non dover contare su strutture vetuste costituisce, se possibile, un punto di forza per un’ulteriore espansione.

In Italia dovrebbe sorgere a breve un’accademia azzurra al femminile per coltivare i talenti da lanciare in Nazionale. E il Sei Nazioni, guardando all’ambito europeo, si è appena svincolato dal calendario e dalla programmazione di quello maschile per vivere di vita propria con tanto di TikTok come title sponsor.

Sono ora per noi il Valsugana Rugby Padova campione d’Italia in carica e l’Arredissima Villorba Rugby le società che forniscono più talenti alla selezione azzurra – Treviso ha il maggior numero di titoli italiani e il Veneto conferma quindi la sua vocazione per la palla ovale – ma anche Milano e Calvisano fanno la loro parte. Quando questo mondiale comunque memorbile sarà finito, il massimo campionato italiano di Eccellenza partirà con una nuova formula a otto squadre per aumentare la competitività. Ma prima ci aspettiamo grandi cose dall’altro mondo.