La Ferrari rilancia e si rifà il trucco Tentazione Todt per tornare a volare

Le mosse dell’ad Vigna: struttura più snella. L’ex team principal consulente del riconfermato Binotto?

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di Leo Turrini

In attesa, forse, di Jean Todt, venerato cavallo di ritorno, la Ferrari si rifà il trucco.

Benedetto Vigna, amministratore delegato fortissimamente voluto a Maranello dal presidente John Elkann dopo le misteriose dimissioni di Camilleri (che non era il papà del commissario Montalbano, ma un grande appassionato di Formula Uno) , sta dando la sua impronta alla struttura della azienda simbolo dell’italianità.

Vigna si è circondato di ottime persone che vengono dal suo mondo, quello della connettività iper moderna. Normale, per un manager di scuola STMicroeletronics. Ma a occhio sono positive la conferma di Flavio Manzoni, un genio, al Design e la scelta di Gianmaria Fulgenzi, che viene dal reparto corse, per il prodotto, inteso come macchine da sogno da realizzare tenendo conto di quanto e come stia cambiando il mondo, fra svolta green, guida autonoma, bio carburanti e bla bla bla.

E cosa c’entra Jean Todt, vegliardo francese più vicino agli ottanta che ai settanta anni di età, con tutto questo? Adesso ci arrivo.

Il ruolo. La chiacchiera gira da mesi. A dicembre, subito dopo il trionfo iridato di Max Verstappen, il piccolo grande uomo, sempre Todt, ha lasciato la presidenza della Fia. Ne ha retto il timone dal 2009 al 2021. Tra alti e bassi: ha fatto cose buone ed altre meno. Soprattutto, da lontano non di rado ha dato l’impressione, parlando di corse, di subire un po’ troppo il fascino della Mercedes.

Di sicuro, in Ferrari Jean Todt è stato meravigliosamente efficiente. Arrivò nel 1993 e trovò un deserto. Montezemolo, che era il presidente, gli coprì le spalle dandogli pieni poteri. Il resto è leggenda: sei mondiali piloti e otto titolo costruttori, il mito di Schumi e qui mi fermo per non annoiare. Il divorzio del 2008 non fu indolore, ci fu anche qualche strascico dietro le quinte. Erano cambiate certe dinamiche di potere e Sergio Marchionne, ad della Fiat, si godeva pochissimo il manager transalpino. Ciò non toglie che Todt sia stato formidabile nel suo lavoro. Si è meritatamente arricchito arricchendo la bacheca dei trionfi. Non è un tipo empatico, anzi, talvolta sa essere fastidioso come un crampo allo stomaco quando si ha fame. Ma capisce di corse e di piloti come nessuno. Da mesi si mormora che potrebbe trasformarsi in consulente di Mattia Binotto, il precario capo del reparto corse. Magari con un incarico non esecutivo ma significativo: Todt sarebbe se non altro un interlocutore credibile per un presidente, Elkann, che di corse poco sa e non sempre dà l’impressione di volerne sapere.

Accadrà? Boh. Basteranno i buoni consigli di un veterano per far tornare a vincere le Rosse? Altro boh, gigantesco.

Di sicuro Todt è bene informato su quanto succede a Maranello: suo figlio Nicolas fa il procuratore e guarda caso è il manager di Carletto Leclerc. Inoltre sono noti i legami di affetto tra il francese e la famiglia Schumacher: anche qui, guarda caso, Mick, l’erede di Michael, è stato appena nominato terzo pilota Ferrari.

Io adoro Fabrizio De André: magari si sbagliava, il cantautore, quando spiegava che i buoni consigli vengono da chi più non è in grado di dare il cattivo esempio.