Martedì 16 Aprile 2024

La favola dei "leoni" cresciuti lontano da casa

di Giulio Mola

Non svegliateli dal sogno. E’ tutto vero. Più forti di tutto e di tutti, più forti anche di quella straordinaria nazionale guidata da Henry Michel che nel 1998 sfiorò la qualificazione agli ottavi beffata sul più bello quando già si cominciava a esultare. Questo Marocco arrampicatosi fino alle semifinali del Mondiale più strano e indecifrabile della storia, non finisce di stupire. Squadra né antica né moderna: trasversale. Con un ct, Regragui, che ha inculcato ad un gruppo di calciatori di qualità geometrie di gamba e di cuore. "Giocate come sapete, perché sapete come si gioca", il ritornello prepartita ripetuto negli spogliatoi.

Difesa solidissima e non solo per il Marocco, squadra che bada al sodo come poche. E poi ci sono i singoli: lo stoicismo di capitan Saiss, le galoppate di Hakimi, i guizzi di Ziyech, l’eclettismo podistico di Amrabat e mettiamoci pure l’ingenua follia di Cheddira, travolto dalla tanta, troppa emozione. Ma ugualmente felice. E così nasce la favola del Marocco. Quelle belle favole che racconti ai bambini. Che non si vive di soli schemi. Ma tutto ciò non è avvenuto per caso: la nazionale maghrebina può contare su una organizzatissima e capillare rete di scouting con osservatori in tutta Europa, dal Belgio alla Spagna, passando per la Francia e l’Italia. Non a caso il Marocco è una delle Nazionali presenti in Qatar che maggiormente attingono dal serbatoio delle diaspore europee: addirittura 16 dei 26 giocatori selezionati dal ct non sono nati in patria, tutti figli di immigrati di seconda generazione spesso rimasti marocchini per le leggi ostiche sull’acquisizione della cittadinanza. Di fatto hanno portato sul campo la rabbia sportiva di una storia di lotta millenaria.

Da Yassine Bounou, portiere titolare del Siviglia, nato in Canada ma trasferitosi da bambino in Marocco, patria dei genitori, dove è è cresciuto con la maglia del glorioso Wydad Casablanca, ad Achraf Hakimi, una delle stelle della squadra, partorito in Spagna (avrebbe potuto scegliere la Roja, ma ha optato per il paese dei genitori sin dall’Under 20). E poi Noussair Mazraoui, nato da genitori emigrati in Olanda e calcisticamente cresciuto nell’Ajax. Un po’ come Sofyan Amrabat, oggi punto di forza della Fiorentina, pure venuto al mondo in Olanda tant’è che inizialmente vestì la casacca della Nazionale Orange, all’epoca dell’Under 15 (poi il cambio rappresentativa con il Marocco Under 17). Senza dimenticare lo stesso Walid Cheddira, nato a Loreto e ora consacratosi col Bari in serie B e ovviamente il fuoriclasse Hakim Ziyech, originario di Dronten (Olanda). Anche lui avrebbe potuto vestire la maglia di una delle due Nazionali. Dopo aver accettato l’Olanda Under 20 e 21, ha cambiato rappresentativa, diventando uno dei simboli del Marocco.

E lo stesso ct ha una storia che tanto assomiglia a quella dei suoi calciatori: "Sono nato e ho studiato in Francia, ma è il mio Paese di origine che mi ha dato una possibilità. Ho dovuto restituire alla Federazione quello che mi hanno dato, la fiducia... per poter crescere in Marocco come allenatore. Non ha niente a che fare con l’essere arabo o no. Ho combattuto per questo. Forse quando sarò vecchio sarò orgoglioso, ora sono orgoglioso per il mio Paese. E con un allenatore autoctono è la cosa migliore per me e per il mio Paese".