La dura legge dei tre punti

Paolo Franci

Progetti a lungo termine. Carriere ‘alla Ferguson’ – e quanto porta male quando un presidente tira fuori ‘sta storia di Sir Alex – percorsi di valorizzazione dei giovani e sì, dai, dobbiamo fare punti attraverso il gioco e perché mai l’allenatore dovrebbe essere in discussione? A questa sequela di luoghi comuni abbigliati da buoni intenti, di solito fa da specchio un solo, triste epilogo: la cacciata dell’allenatore. Alla faccia di chi è e di chi è stato. Perché – poveri illusi - le star sono mica Ronaldo, Messi o Ibra. Ma va. I punti, possibilmente tre, questi sì che sono gli unici veri fuoriclasse in una democrazia (democrazia?) del Pallone che prevede un solo articolo della Costituzione e cioè che tal Paese: "è una Repubblica democratica, fondata sui tre punti". Perché puoi essere chi ti pare o aver fatto quel che ti pare: se non porti i tre punti e non lo fai spesso, addio. E, sulla cacciata di Frankie Lampard, bandiera inarrivabile del Chelsea prima di esserne stato allenatore defenestrato, prendiamo in prestito le parole di un suo grande amico, Pep Guardiola: "La gente parla di progetti e idee. Non esistono. Devi vincere o verrai esonerato. Spero di vedere Frank presto e di andare in un ristorante con lui quando il lockdown sarà finito". Conoscendolo, offrirà Pep.

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