Mercoledì 24 Aprile 2024

Kean e Raspadori, il futuro è adesso

Moise cresciuto dalla madre ad Asti, Giacomo partì bambino per Sassuolo: ora sono la coppia d’oro azzurra

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di Paolo Franci

"Posa il camice mamma, non ti serve più". E’ l’alba di una fredda mattinata del 2016 e, quando il telefono si illumina rivelando il nome del figliolo, il cuore di Mamma Isabelle si ferma. Cosa è successo Moise Kean? "Ho firmato con la Juve, vieni a Torino e non devi lavorare più". Sì, quel figlio che non doveva nascere ha appena toccato il cielo con un dito e riempito d’oro una vita di sacrifici, amarezze e giornate durissime. E la mamma, come spesso accade in storie di calcio&migranti – arrivarono a Vercelli dalla Costa d’Avorio nel 1990 – è l’elemento centrale.

I medici dicono a mamma Isabelle che dopo Giovanni, il figlio più grande, mai più avrebbe potuto avere figli. Lei piange lacrime che non ha. E prega il Signore di aiutarla. Qualcosa deve essere pur successo se poi le capita di sognare Mosè e di rimanere incinta poco dopo. Da lì a chiamarlo Moise il passo è breve. Così come lo sarà quello che catapulterà quel ragazzo nello star system del football.

Il mondo di Moise Kean non è semplice. Cresce tra sacrifici e la forza d’animo di una famiglia che prova a costruirsi il sogno italiano. Le cose non vanno così male fino alle quattro candeline. Moise compie 4 anni e da lì a poco i suoi si separano. La vita diventa una salita così dura da sembrare un dirupo. Isabelle, Giovanni e Moise si trasferiscono ad Asti e lei trova lavoro come infermiera in una casa di riposo. Tutte le mattine esce di casa all’alba per recarsi al lavoro e inciampa nel pallone di Moise. Ancora non può sapere che quella sfera sarà la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno. Solo che mamma Kean non può permettersi le spese per il calcio. E allora lì, all’oratorio Don Bosco dove Moise è già una piccolissima leggenda, gli allenatori lo aiutano e fanno collette per lui e la sua famiglia. Bella storia.

La seconda curva di questa storia arriva quando Renato Biasi, allenatore delle giovanili del Toro lo porta nel vivaio granata, dove gioca fino agli esordienti. La terza è la Juve. E lì Moise trova se stesso nel pallone, la scuola, una seconda famiglia che lo cresce e lo protegge. Dice grata Mamma Isabelle: "La Juve lo ha aiutato a diventare uomo". Il resto è storia, e la speranza che quei due gol alla Lituania rappresentino la quarta e definitiva curva dolce della sua vita.