Juve senza rete, i dubbi tornano al Max

Pari deludente a Marassi, Vlahovic troppo solo in avanti e poche idee. Pesano le assenze ma la Signora deve ancora ritrovare il suo spirito

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SAMPDORIA (4-1-4-1): Audero; Bereszynski, Ferrari, Colley, Augello (st 28’ Murru); Vieira (st 33’ Depaoli); Leris, Rincon (st 22’ Verre), Sabiri, Djuricic (st 28’ Villar); Caputo (st 33’ Quagliarella). All. Giampaolo.

JUVENTUS (4-3-3): Perin; Danilo, Bremer, Rugani, Alex Sandro (st 1’ De Sciglio); McKennie (st 17’ Miretti), Locatelli (st 40’ Rovella), Rabiot; Cuadrado (st 32’ Kean), Vlahovic, Kostic. All. Allegri.

Arbitro: Abisso

Note: ammoniti Djuricic, Alex Sandro, Leris, Verre e Rovella.

di Paolo Grilli

Se la priorità tattica di questa Juve è quella di innescare Vlahovic, la Signora deve aver già perso il libretto delle istruzioni di questo campionato. Dusan corre senza pace mentre i suoi compagni provano staticamente, e invano, a coinvolgerlo in qualche modo.

Il pari di Marassi con la Samp è figlio di questa insicurezza di fondo che attanaglia ancora i bianconeri. Le assenze pesano, come no, ma è legge che una big non debba mai elevarle ad alibi. E non essere riusciti ad avere la meglio su una squadra che si è salvata all’ultimo, e pressoché bloccata poi sul mercato per questioni societarie, è un’aggravante immediata.

Ritmi ferragostani nel lunedì sera del Ferraris, le emozioni poi latitano ancora di più. Perin rimedia a una svista di Bremer deviando sulla traversa il tiro ravvicinato di Leris, Cuadrado si fa fermare da Audero, Vlahovic stesso – immagine illogica del deludente posticipo – devia goffamente un cross da calcio d’angolo sul palo esterno della propria porta.

Ha provato Kostic a dare manforte all’ariete suo connazionale, ma su iniziative personali estemporanee con poco costrutto di squadra, ed è bastata la prevedibilità delle stesse a neutralizzarle.

Juve compassata. Peggio, impacciata. Quasi paradossale il cooling break in un posticipo così letargico. Sembra già ampio il divario dei bianconeri con chi l’ha già staccata in classifica, in termini di verve e idee. Una zavorra pare frenare invisibilmente il gioco di una ex grandissima che prova a tornare tale. Questione di schemi, magari, ma anche di una classe che non si accende.

Solo a inizio ripresa si è intravista una spinta appena maggiore, in attesa di una svolta che non è poi mai arrivata. Quasi desolante il numero di occasioni create. Segna Rabiot, quasi un paradosso, ma il Var annulla per fuorigioco di Vlahovic. Kostic regala un brivido nel finale ma Audero si oppone.

La nuova Juve come quella della passata stagione senza titoli. La vittoria sul Sassuolo era probabilmente stata un abbaglio di mezza estate: e il pari inspido di Genova è più di un campanello d’allarme, se è vero che le favorite per il titolo non possono concedersi alcuna frenata con le presunte piccole in un campionato che si annuncia con la classifica spaccata a metà.

Servono eccome Depay (o Milik) e Paredes, i rientri di Pogba e Di Maria ancor di più. Ma la Juve deve ritrovare prima di tutto il proprio animo.