Martedì 23 Aprile 2024

Juve, rimonta da Champions ma ansia Chiesa

Sotto 3-1, la Signora piega la Roma con tre gol in sette minuti. Szczesny para il rigore di Pellegrini all’83’, si teme il crociato per Fede

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di Paolo Franci

Chissà se quegli incredibili, benedetti, 370 secondi serviranno a ribaltare il mondo di Max e dei suoi. DI sicuro, sono serviti a rovesciare e di brutto quello di Mou, che incassa 3 gol in quei pochi secondi. Tre lampi accecanti che gli valgono uno scioccante ko ancora una volta contro una big. Quando si vincono queste partite, con una rimonta che sa di incontrastabile eroismo, l’idea che i tasselli siano andati magicamente a posto è difficile da tenere a bada. Ne sa qualcosa proprio Mourinho, covinto di aver ritrovato una Roma finalmente grande a Bergamo e poi incappata in due sconfitte tremende, a Milano per approccio e concentrazione, a Roma per un crollo nel finale difficile anche solo da analizzare. Figuriamoci spiegare.

E i due (ex) nemici Max – che ieri era in tribuna, squalificato per gli insulti all’arbitro della sfida con il Napoli – e Mou, oggi gemelli diversi nella ricerca disperata dell’Europa che conta, sono troppo esperti per fidarsi delle apparenze. Sanno entrambi che in partite folli come questa è difficile disegnare la riga che delimita gli errori e i meriti dell’una e dell’altra. A Torino come a Roma, i sei punti per la Juve sarebbero diventati due, se i cecchini romanisti non avessero il fucile a tappi sui calci di rigore. A Torino sbagliò Veretout, nella gelida notte dell’Olimpico a dare una mano - anzi due - alla Juve è stato Pellegrini. Nei due casi, Szcezsny s’è vestito da eroe, ma l’abito glielo ha confezionato la Roma.

Certo, Mourinho fa fatica a credere e anche a spiegarla. Parlerà, poi, di "collapso (collasso ndr) mentale", di dolore "all’alma" (anima) e di una squadra che ha "complexi" (complessi), annunciando il secondo acquisto (Sergio Oliveira?) dopo Maitland-Niles, ieri al debutto certamente positivo. Sul profilo da ’perdenti’ dei suoi, almeno con le big, Mou dirà: "Non sarò io a scendere al livello della squadra, devono essere loro a salire al mio", è la fiera sostanza.

Landucci, per la prima volta in panchina al posto di Max, se l’è goduta e, pur ’telecomandato’ dal ’capo’ dalla tribuna, ha fatto la mossa che ha cambiato la partita. Fuori Kean, cancellato da Smalling, fuori Bentancur e dentro Arthur e, soprattutto un Morata col pieno di scintille. E la Juve, che aveva sbagliato approccio in avvio dei due tempi, s’è arrampicata dove soltanto immaginarlo sembrava impossibile in una gara nella quale è successo di tutto, tra gol bellissimi,fortunosi, Var, mille episodi e un arbitraggio eccellente. Però è vero che per 70 minuti c’è stata solo la Roma e quel genio di Dybala, ancora una volta d’altra categoria - a proposito: fa sorridere Arrivabene quando dice che Paulo il rinnovo se lo deve meritare, lui che sembra un rabodmante nel deserto - rispetto ai suoi.

E, in vista della Supercoppa contro l’Inter pensare che questa vittoria di Roma sia stato un viaggio senza ritorno verso la soluzione definitiva dei problemi sarebbe letale, perchè la Juve-altalena che sale e scende nella tensione agonisica s’è vista anche all’Olimpico. Certo, vittorie così fanno bene "all’alma" per dirla alla Mou. Ma è anche vero che la Juve ha perso per la Supercoppa Cuadrado e De Ligt per squalifica e Chiesa a causa di quell’infortunio al ginocchio sinistro, una distorsione che sarà valutata nella giornata di oggi: ma si teme la rottura del crociato.