Mercoledì 24 Aprile 2024

Juve, poca virtù nel mezzo: caccia a Witsel

Gli esperimenti di Allegri non hanno funzionato, oltre a Locatelli serve altra qualità in mediana. Sempre aperta anche la pista Pjanic

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di Paolo Grilli

Sommando le classifiche di serie A degli anni solari 2020 e 2021, la Juve non va oltre il quarto posto, preceduta da Inter, Atalanta e Milan: una posizione che poi occupa anche nelle due annate prese singolarmente.

I numeri non mentono, al di là delle delusioni che una singola partita – vedi il ko con l’Empoli – può riservare: la lunga inerzia bianconera è quella di una squadra che sta giù dal podio del campionato. Cambiano gli allenatori (dopo Sarri e Pirlo, riecco Allegri), arrivano e partono i campioni (da Ronaldo in giù), ma l’attitudine a vincere non è più pari alle ambizioni di una ex corazzata che aveva finito per assuefare tutti, dai giocatori ai tifosi, al trionfo.

La clamorosa débacle di sabato ha avuto se non altro il merito di mettere a nudo i limiti di una squadra in piena rifondazione, e di dimostrare quanto possa essere doloroso e faticoso il percorso di risalita verso il top.

Di fatto, le incertezze e la fragilità che hanno caratterizzato soprattutto la stagione scorsa non sono acqua passata: rappresentano anzi la cifra di un gruppo che sta cercando ancora la propria vera identità. Un compito che invece l’Empoli di Andreazzoli non ha dovuto affrontare, mostrando una compattezza e una convinzione tattica tali da rendere meritatissimi i tre punti presi all’Allianz Stadium.

Certamente, Allegri non ha contribuito a semplificare le operazioni dei suoi proponendo un attacco inedito nel dopo CR7 (Chiesa e Dybala supportati da McKennie) e portando Danilo davanti alla difesa. Esperimenti in corsa che da un lato testimoniano della volontà di portare il progetto tecnico a evolversi, senza rifugiarsi solo nelle vecchie certtezze, ma che pure sono costati già cinque punti supponendo tutti, a inizio campionato, che la Juve ne avrebbe raccolti sei tra Udine e il primo impegno casalingo.

Laddove la Signora dell’Allegri-1 riusciva a sfangarla praticamente sempre, mutando assetto e interpreti in corso d’opera ma forte di una tempra inscalfibile, questa del ritorno di Max sembra mostrare le sue crepe proprio quando si tratta di adattarsi alla situazione per trarne il meglio.

La prima, lampante verità che questo inizio di campionato bianconero ci restituisce è che Ronaldo, nonostante le critiche crescenti dell’ambiente e un costo per il club diventato insostenibile, era a un tempo ombrello e parafulmine per la Juve. Riparava dai rovesci a suon di gol, e finiva per attirare su di sé, nonostante tutto, ogni critica.

A sostenere le speranze bianconere almeno in ottica scudetto resta scolpita la stagione 2015-2016 di Allegri, quella del solo punto nelle prime quattro gare cui seguì una rimonta inarrestabile fino al titolo conquistato addirittura con grande anticipo. Ma quella era una Juve tecnicamente e mentalmente dominante, ben diversa da questa.

L’innesto di Kean può mettere energia e voglia in un gruppo ormai sospeso tra l’inquietudine e l’incertezza, anche se poi sarebbe folle addossare a Moise il compito di sostituire Ronaldo. Atteso anche un cambio di passo di Morata. Ma poi si torna sempre lì: sembra ancora mancare alla Signora, soprattutto, la verve che serve in mediana. Locatelli avrà l’onore e l’onere di prendere in mano il reparto, aspettando poi il ritorno di Arthur a novembre inoltrato. Entro domani c’è la possibilità di mettere altra qualità in mezzo in chiusura di mercato. Il ritorno di Pjanic è sempre una grande possibilità, nonostante l’ultima stagione quasi da incubo al Barcellona. Ma ritorna prepotente l’idea di portare in bianconero Axel Witsel, vecchio pallino dei bianconeri. Il 32enne belga del Borussia Dortmund può arrivare a cifre non proibitive. Ma sarebbe allora necessario lasciare partire Ramsey.