di Paolo Franci
Plusvalenza libera tutti. Come nel vecchio gioco da cortile. Non c’è colpevole, né club responsabile. Nessuna ammenda e neanche un giorno di inibizione. Tutti prosciolti i 59 dirigenti e gli 11 club alla sbarra sportiva per il caso delle plusvalenze fittizie. E allora, eccolo lì il gran sospiro di sollievo per Napoli e Juve. E poi per Genoa, Samp, Empoli, Parma, Pisa, Pro Vercelli, Pescara e le due cancellate dai radar per fallimento, Chievo Verona e Novara. Perché tutto è finito in una bolla di sapone? Per conoscere le motivazioni della sentenza bisognerà attendere, ma quel che conta sono quelle poche righe che assolvono club e manager. Le richieste di Giuseppe Chinè, capo degli 007 federali, sono dunque finite contro un muro a trecento all’ora. Tra queste, spiccava quella di un anno di squalifica per Andrea Agnelli e 11 mesi e 5 giorni per il numero uno del Napoli Aurelio De Laurentiis.
"Vede, non esiste un valore preciso di un calciatore. Questo dipende da quanto è ’fesso’ il presidente che lo sta acquistando...", ci raccontava qualche tempo fa un noto procuratore, sottolineando come il costo di un campione o di una mezza calzetta non è – mai – quantificabile. E’ il motivo per il quale, i precedenti processi sportivi per identico addebito finirono in una bolla di sapone o quasi. Come nel 2008, quando Inter e Milan si ritrovarono a pagare una multa da 90mila euro. Certo, c’era il caso Chievo del 2018 quando a fronte di una richiesta di 15 punti di penalizzazione, il club di Campedelli ne incassò tre. Ma tra quella vicenda e questa c’è una differenza enorme, perché lì vi furono le intercettazioni e i calciatori spostati con plusvalenze non furono praticamente mai utilizzati e non c’era accordo economico con il club. A far crollare in modo imbarazzante il castello accusatorio costruito dalla procura (ricorrerà in appello?) è stato proprio il modello messo su per sostenerlo. E cioè utilizzare il sito Transfermarkt, portale tedesco di riferimento affidabilissimo e serio sul valore dei calciatori, ma non al punto di trasformarsi in un fattore giuridico o scientifico nel determinare il prezzo di un atleta.
E c’era anche il precedente Gianluca Mancini – oggi alla Roma – al centro di un caso nel 2015 con Perugia e Fiorentina protagoniste. Mancini fu ceduto dalla Fiorentina al club umbro a titolo gratuito con la garanzia di avere il 50% del costo al momento della cessione. Il Perugia lo gira all’Atalanta per 300mila euro. La Fiorentina non ci sta, sostiene che Mancini vale 1,5 milioni e fa ricorso sostenendo che l’accordo tra umbri e bergamaschi sia in un certo senso "simulatorio". Le toghe sportive però, daranno ragione al Perugia, scrivendo: "Tali quotazioni, inserendosi in una contrattazione di libero mercato, non sono ancorate a fattori valutativi normativamente predeterminati o predeterminabili. Difettano uniformi e oggettivi criteri di valutazione dell’effettivo valore dei calciatori: non vi sono dei parametri certi di riferimento o unanimemente condivisi sull’oggettivo valore di cessione".