Italia, l’Irlanda del Nord fu un’altra Svezia

Domani a Parma la prima gara di qualificazione a Qatar 2022 rievoca il 1958 quando una sconfitta a Belfast ci costò il mondiale

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di Paolo Franci

La maledizione che ci lega alla terra di Ibra, la Svezia, non è soltanto in quella storiaccia azzurra firmata dal ct Ventura. No. Ce n’è un’altra. Un’altra Svezia che nel 1958 ospitò un Mondiale epico al quale noi non partecipammo, sbattuti fuori proprio da quell’Irlanda del Nord che domani l’Italia affronterà a Parma. Quel Mondiale, consegnò al mondo il più grande giocatore di tutti i tempi, Pelè. Accese la stella di Garrincha, Seeler, Schnellinger, consacrò il mito di Lev Jascin e quello del record di Just Fontaine, 13 reti in appena 6 partite. eppoi Nils Liedholm e Gunnar Gren stelle del Milan - Il GreNoLi, con Nordahl - che giocheranno la finale con la Svezia contro il Brasile. E la perderanno 5 a 2, con due gol di Vavà e due di Pelè. Loro vincevano e noi a casa ad ascoltare un raro successo del Quartetto Cetra dedicato agli dei del pallone che faceva così: "Vavà, Didì, Pelè tre brasiliani neri, neri come tre chicchi di caffè...".

Il ct che avrebbe dovuto portarci in Svezia era Alfredo Foni, campione del mondo nel 1938, un tecnico ’avanti’ che utilizzava metodi rivoluzionari come la ’carta bioritmica’, bisnonna degli attuali software per misurare lo stato di forma dei calciatori. E, particolare non banale, Foni aveva scolpito il proprio nome nella storia con le geniali intuizioni alla guida dell’Inter che vincerà gli scudetti ’53 e ’54. Fu lui l’inventore del catenaccio, che all’epoca divenne mantra nei club ma non in Nazionale, dove andava di moda il vetusto ’WM’, cioè il 3-2-5 che ci era già costato il Mondiale del ’54.

L’Italia di Foni fu un pessimo compromesso tra il blocco della Fiorentina campione d’Italia e la voglia di novità. Prese 10 gol in due partite dalla Jugoslavia in amichevole. Perse e vinse col Brasile. E via così. Nel girone di qualificazione incrociamo il Portogallo e l’Irlanda del Nord che vanta un solo giocatore top: Danny Blanchflower, stella del Tottenham. L’Irlanda la battiamo a Roma 1-0. Loro prendono tre pali: occhio che così scarsi non sono. Andiamo in Portogallo, Foni esagera con gli esperimenti e incassiamo un bel 3-0: per loro è la prima vittoria in assoluto nelle qualificazioni.

Mancano due partite da giocare: nell’eterno WindsorPark di Belfast, ancora oggi tana dell’Irlanda del Nord e in casa con i portoghesi. Andiamo là e l’arbitro Istvan Zsolt non c’è. Doveva arrivare da Londra ma l’aereo non decolla per nebbia. Lo stadio è pieno, la folla si innervosisce. Gli irlandesi prelevano con la polizia un arbitro di casa, Tommy Mitchell che di mestiere fa il panettiere: si deve giocare per motivi di ordine publico. La federazione irlandese propone di giocarla con lui. Noi diciamo no: ci manca pure l’arbitro di casa. Gli irlandesi raccontano il"No" italico agli altoparlanti e la partita diventa l’amichevole meno amichevole della storia. Fischi e sputi dagli spalti, eppoi una rissa indecorosa alla fine, con i nostri giocatori picchiati. FInisce 2-2 e si dovrà rigiocare quella valida per il Mondiale.

Restituiamo il 3-0 al Portogallo a San Siro tre giorni prima del Natale ’57. E un mese dopo la rissa di Belfast riecco il Windsor Park. Ci basta il pari e Foni vorrebbe giocarsela con il catenaccio. All’epoca però le pressioni della stampa e dei dirigenti erano assai più affilate rispetto a oggi. E Foni cede ripresentanto il famigerato ’WM’ con troppi piedi gentili per una partita in cui serve la clava: dagli oriundi Schiaffino, Ghiggia, Montuori a Segato e Pivatelli, fino a Da Costa. A Belfast il freddo è atroce. Loro ne fanno due in 28 minuti: McIlroy e Cush. Noi accorciamo con Da Costa. Poi Ghiggia reagisce su McMichael e si fa cacciare. In dieci e sfiancati da un campo-palude e senza sostituzioni che all’epoca non c’erano, finiamo sotto. Bastava difendere il pari, perdiamo con cinque punte in campo. Due a uno per l’Irlanda del Nord e addio Svezia. L’altra Svezia.