Mercoledì 24 Aprile 2024

"Italia, col mio Roberto sei in ottime mani"

Papà Aldo racconta il Mancio: "Mi telefona prima di ogni gara, la sua forza è la serenità. Gli azzurri con lui possono vincerle tutte"

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di Niccolò Severini

ANCONA

Una serata bloccata. Due gol per tagliare la tela austriaca che aveva imbrigliato l’Italia. L’esultanza liberatoria dei giocatori in campo e della panchina e l’hanno sommerso. Ma lui, con compostezza, ha solo urlato ‘gol’ e mostrato i pugni. Non ha mai tradito nervosismo il commissario tecnico Roberto Mancini: è rimasto tranquillo. Così come lo definisce suo papà Aldo che da casa ha esultato con lui.

Signor Aldo, come sta vivendo quest’Europeo suo figlio?

"E’ molto sereno. Quando ci sentiamo non parliamo di calcio, non voglio stressarlo. Ha il peso di 60 milioni di italiani sulle spalle, è già sotto pressione (scherza, ndr). Sta facendo un gran lavoro ed è riuscito a portare questa Nazionale ad altissimi livelli".

Quando l’ha sentito l’ultima volta?

"Sabato mattina, prima della partita con l’Austria"

Era teso?

"No, era tranquillo come al solito. Mi ha detto solo che aveva un dubbio di formazione, ma per il resto non abbiamo parlato della partita. Il giorno in cui si gioca non lo facciamo. E’ stata la solita telefonata per sapere come sto. Poi io non gli faccio domande sul calcio, ripeto: deve star tranquillo. Ero fiducioso per gli ottavi di finale, però gli ho fatto l’in bocca al lupo".

Ma lei come vede la Nazionale di suo figlio?

"Molto bene. Cerchiamo di vincere tutte le partite, lo possiamo fare. Ha formato un bel gruppo, solido e di qualità. Lui è ancora più orgoglioso di portare in alto il nome delle Marche e della sua città, perché è uno jesino doc. Poi Roberto ha un grande merito".

Quale?

"Aver dato importanza a tutti. Ha valorizzato ogni singolo, puntando specialmente sui giovani. I ragazzi hanno sentito la sua fiducia e perciò stanno facendo così bene. Senza quella non si va da nessuna parte. Le faccio un esempio".

Prego.

"E’ come in un’azienda. Se il capo fa sentire la sua fiducia a tutti i suoi dipendenti, saranno più stimolati a lavorare e renderanno di più. Ecco, Roberto sta facendo esattamente questo: tutti si sentono importanti con lui".

Soprattutto i giovani, nella sua carriera da allenatore ne ha lanciati tanti.

"Vi ricordate Zaniolo? Non aveva ancora esordito in serie A e lui se l’è portato in Nazionale nel 2018. Poi vedete Locatelli con che carica gioca. Ecco, già questa è una grande vittoria di Roberto: aver costruito un gruppo solido e coeso, dove tutti sono fondamentali dal più esperto al più giovane. Senza scordarsi di nessuno".

In che senso?

"Se guardiamo le squadre di provenienza non leggiamo solo le più grandi, ma tutte quelle del Paese. Ha dato importanza a tutti i club del nostro campionato. Ma il merito va condiviso".

Con chi?

"Con i giocatori stessi. Mi lasci dire, questi ragazzi hanno una mentalità più onesta rispetto a quelli di venti o trent’anni fa, sono più seri. Si mettono a disposizione".

Riavvolgendo il nastro, come nasce il Mancini allenatore?

"Lui ha sempre avuto grandi allenatori che sono anche grandi uomini come Radice, Burgnich, Boskov e Eriksson, per fare degli esempi. Ha assorbito qualcosa da ognuno e poi ha fatto suoi questi insegnamenti".

Può vincere l’Europeo?

"Serve anche un po’ di fortuna, non guasta mai (ride, ndr)".