Irving sospeso, non bastano le scuse

Bufera per il post con contenuti antisemiti. Deciso lo stop di cinque partite

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C’era una volta il Kyrie Irving, fedele scudiero di LeBron James e capace, nel 2016, di vincere il titolo Nba con la maglia dei Cavs – quasi un miracolo, considerando la fama perdente del club – e successivamente l’oro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Canestri, assist e spettacolo: era l’Irving che piaceva e che piace tuttora, quando, appunto, gioca a basket.

Poi c’è un Irving che prende posizioni e fa discutere. E non poco. Comincia l’anno successivo a quello d’oro del 2016. Che cosa dice Irving? Beh, che la terra è piatta. Sì, proprio così, diventa uno dei più famosi ’terrapiattisti’ mondiali, salvo poi scusarsi e fare retromarcia nel 2018.

Nel 2021, in piena pandemia, Kyrie si schiera al fianco dei ìno-vax’, salta diverse partite.

Finita lì? Macché, Kyrie va oltre e, come in campo, non si risparmia bollando la vaccinazione come "la più grande violazione dei diritti umani nella storia".

Stando ai rumors e ai si dice avrebbe affermato anche peggio, in privato. Ma è meglio fermarsi alle dichiarazioni effettive. E appunto l’ultima ’bomba’ è di questi giorni: il solito Kyrie si lascia andare e promuove "Hebrews to Negroes: Wake Up Black America" in un post che poi cancella. Il contenuto antisemita resta sotto gli occhi di tutti. Irving si scusa, ma nemmeno fino in fondo, e i Broolyn Nets, che alla loro immagine pubblica ci tengono, lo sospendono, senza stipendio, per cinque partite.

A proposito di numeri: tre indizi fanno una prova, diceva Agatha Christie. Ma anche in questo Kyrie si è superato. Bob Marley? Ucciso dalla Cia, perché elogiava la pace. In campo (Kyrie) un campione, fuori, sicuramente, un po’ meno.

a. gal.