di Mattia Todisco C’è poco da affidarsi ai giri di parole. "È la partita più importante della stagione", dice Simone Inzaghi alla vigilia di Porto-Inter, ritorno degli ottavi di finale di Champions League. Un crocevia dell’annata e del futuro milanese del tecnico, aggrappato all’Europa per far dimenticare alla piazza una campagna italiana deludente, un anno dopo aver perso il campionato per due punti. Si torna all’autunno: Inzaghi in bilico e una tappa fondamentale in Champions League contro il Barcellona. Allora andò bene: gol di Calhanoglu, vittoria a San Siro di misura e poi pareggio al Camp Nou a campi invertiti, una combinazione per la quale ogni interista firmerebbe in vista della gara di stasera. Significherebbe agguantare i quarti di finale, raggiungere i rivali cittadini del Milan che già si sono accomodati tra le prime otto una settimana fa. Si potrebbe sperare ancora di avere un futuro, prossimo e remoto. La Champions League significa soldi, valanghe di milioni di euro ogni volta che si passa un turno. Lo scorso anno c’era il Liverpool a sbarrare la strada, l’Inter ci provò e non ci riuscì, terminando l’avventura europea con i classici "a testa alta" che accompagnano i commenti di chi, pur con onore, sa di dover guardare dal divano chi resta in corsa. È una fine che Inzaghi non vuole contemplare, anche perché stavolta ha i favori del pronostico dalla sua. Parte da un gol di vantaggio, uno dei pochi momenti di "up" dell’altrimenti scarico Lukaku, le cui condizioni di forma sono tra i motivi principali della mancanza di continuità in campionato. Senza il totem e con problemi difensivi che tornano di tanto in tanto a bussare, c’è sempre uno Spezia in agguato che può vincere con due tiri in porta, mentre per contro si cerca una rete in ogni modo e non la si trova mai. L’Inter d’Europa ha fatto meglio che in Serie A, per ora. Anche e soprattutto in termini di cinismo, come testimoniano sempre le due sfide con il Barcellona. Quella cattiveria nei sedici metri finali che ha spinto più in là una formazione a cui i quarti di Champions mancano dal 2011 è proprio la prima componente da ritrovare. Senza Gosens, unico infortunato arresosi alle noie muscolari della vigilia (risentimento alla gamba sinistra). Con Skriniar e Correa, recuperati alla causa e disponibili per la panchina. Forse anche con Dzeko al posto di Lukaku, ma il ballottaggio sarà un testa a testa fino alla fine per affiancare Lautaro Martinez. E con Steven Zhang, in tribuna. A tifare per un traguardo che vale prestigio e finanze meno allarmanti. Magari persino la possibilità, se si andrà avanti ancora un po’, di evitare cessioni illustri dopo aver da poco immagazzinato il certo addio di Skriniar.