di Mattia Todisco L’obiettivo Champions è saltato. Era prevedibile, dopo lo 0-2 dell’andata, che l’Inter non riuscisse a ribaltare le sorti contro il Liverpool negli ottavi di Champions League. È una sconfitta, meglio ancora una vittoria di Pirro, lo 0-1 di Anfield che regala ai nerazzurri solo gli applausi dei suoi tifosi. Ci sono ragioni per rammaricarsi ("Un’occasione buttata", ha detto ieri l’ex presidente Moratti). Allo stesso modo si può prendere l’uscita dall’Europa come un punto per ripartire. Quella di Liverpool è la più classica delle eliminazioni che danno fiducia. È una sconfitta sui 180’, segna la fine della miglior campagna di Champions da quando l’Inter è tornata ai piani alti dell’Europa. Con Spalletti e Conte non si è mai andati oltre la fase a gironi ed entrambi i tecnici hanno avuto colossali opportunità per passare, sbattendo all’ultima gara del raggruppamento contro il non irresistibile Psv, il Barcellona già qualificato e pieno di riserve, in ultimo lo Shakhtar Donetsk a cui pochi mesi prima era stato rifilato un sonante 5-0. Stavolta l’Inter si è arresa al Liverpool, giocando in dieci per lungo tempo, fallendo qualche ottima occasione per il colpo soprattutto nel primo round. Se ne deduce che la crescita è visibile. Non è solo in ragione dei risultati che si evince, l’Inter ha giocato un calcio molto più europeo rispetto a quello proposto da Conte, che aveva lo svantaggio di dover modellare una mentalità vincente. Sulle convinzioni sorte dallo scudetto vinto, Inzaghi ha edificato il suo credo esteticamente più gradevole e forse più adatto ad affrontare il palco continentale. C’è margine, enorme, per lanciare un nuovo assalto nei prossimi anni facendo un ulteriore step in avanti. I cambi effettuati nell’ultima parte di gara a Liverpool fanno pensare però che le forze per fare già ora quel passo non ci ...
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