Martedì 23 Aprile 2024

Inter, l’anno senza fine: 411 giorni da brividi

Il percorso interminabile dal raduno del 7 luglio 2019 fino a Colonia: i grandi numeri di Lula, due secondi posti, gli sfoghi di Conte.

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di Mattia Todisco

Doveva durare poco meno di undici mesi. Una stagione normale, dal ritiro di inizio luglio fino alle sentenze di maggio. Il Covid ha imposto una proroga al momento dei giudizi definitivi e nessuno in Italia più dell’Inter ha dovuto attendere per sentir picchiare il martelletto.

È stata una maratona: dal raduno ad Appiano del 7 luglio 2019 alla finale di Europa League di ieri sono trascorsi 411 giorni. In mezzo un saliscendi, speranze e delusioni, nuove certezze e antiche falle. Una sensazione di crescita continua fin dalle prime battute, nonostante fosse tutto nuovo, dal tecnico al modulo fino a buona parte dei titolari.

Il filo conduttore è il 3-5-2, modificato in 3-4-1-2 quando Conte ha provato a inserire Eriksen negli schemi con poca fortuna. Un accenno di deroga allo schema base si vede già a settembre con l’esplosione di Sensi, ma dal 6 ottobre in poi (Inter-Juventus) il folletto azzurro vive molti più giorni in infermeria che in campo e Conte deve ripiegare sui più muscolari Vecino e Gagliardini. Ne perde la qualità del gioco e non ne guadagna proporzionalmente l’intensità, anche a causa di un calendario da subito molto fitto tra ottobre, novembre e dicembre. Sette-otto gare ogni venti giorni, tra una pausa e l’altra dovuta alle Nazionali, qualche infortunio con cui convivere e la sensazione (corroborata dalle rimonte subite tra Barcellona e Dortmund) di non avere ancora nelle gambe 90’ ai ritmi richiesti da Conte.

La sconfitta da 0-2 a 3-2 in Germania è uno spartiacque, caratterizzata dal primo sfogo dell’allenatore contro la società. "Vengano a parlare i dirigenti - chiede a gran voce Conte - Non so come sono abituati qui, ma a me non piace perdere in questo modo". A seguire, le prime allusioni su un mercato con qualche scelta non condivisa ("Non posso chiedere di più a gente come Barella o Sensi che fino allo scorso anno giocava a Cagliari e Sassuolo") e la riunione del giorno successivo in cui Marotta fa da pompiere. Per tutto l’anno l’amministratore delegato spegne i fuochi generati dalle sfuriate di Conte.

Nemmeno l’ex c.t. riesce a fermare le storiche difficoltà che negli ultimi anni sono state un problema cronico con l’arrivo dei primi freddi. A dicembre l’eliminazione nella fase a gironi di Champions perdendo in casa contro un Barcellona qualificato e pieno di riserve, quindi una serie di brutti pareggi (a Firenze con gol di Vlahovic in recupero, a Lecce e in casa col Cagliari).

Gennaio è il mese della “crisetta“, nonostante una vittoria a Napoli che in campionato mancava dal 1997, ma anche del mercato di ulteriore rafforzamento. Arriva in sordina Ashley Young, sarà un cardine della seconda parte di stagione. Si aggiunge Moses per compensare l’uscita in prestito di Lazaro. Soprattutto, Marotta mette le mani con un contenuto esborso da 20 milioni di euro su Christian Eriksen, in scadenza di contratto a giugno col Tottenham. È un “colpaccio“, renderà meno del previsto. Come l’Inter, che avanza sì in Europa League e Coppa Italia, vince un derby in rimonta da 0-2 ma perde in casa la semifinale di andata del torneo nazionale e cade negli scontri diretti contro Lazio e Juve, in mezzo a spostamenti di date e feroci accuse (Steven Zhang dà del pagliaccio al presidente di Lega Dal Pino) prima che la pandemia rimandi tutto a giugno.

L’impegnativo rush finale vede i nerazzurri “forare“ subito, nonostante una buona prova al San Paolo nel ritorno delle semifinali di Coppa Italia contro il Napoli. In campionato la risposta è buona finché non arrivano due impegni sulla carta alla portata, Sassuolo e Bologna in casa. Si perdono per strada cinque punti più altri sei a Verona, Roma e in casa contro la Fiorentina con l’aggravante di aver subito una lunga serie di rimonte da situazioni di vantaggio.

Dal match con la Viola, però, la squadra chiude la porta a doppia mandata e ritrova la vena della “LuLa“, Lukaku-Martinez, spezzata dal periodo di forte calo vissuto dall’argentino in mezzo a continue voci di imminente passaggio al Barcellona. Nessun gol subito nelle ultime quattro, tre vittorie consecutive tra cui l’ultima contro l’Atalanta. Valgono il secondo posto a 82 punti, -1 dalla Juve (campione d’Italia già alla terzultima).

Il post-partita di Bergamo è però burrascoso, Conte fa intendere di non aver gradito alcuni aspetti della vita interna alla società durante l’annata e apre alla possibilità di un addio dopo l’Europa League. È così che inizia l’ultima fase del torneo, in cui la squadra si dimostra impermeabile alle voci. Parte battendo il Getafe, dominando e superando Bayer Leverkusen e Shakhtar, segnando e difendendo alla grande senza mai cambiare formazione iniziale. Fino alla finale col Siviglia e a un trionfo atteso dalla Coppa Italia del 2011.