Infinita Fede, come la Pellegrini solo Phelps

Ha raggiunto nei 200 stile libero la quinta finale olimpica della stessa specialità, e nella notte ha chiuso un’epopea indimenticabile

Federica Pellegrini (Ansa)

Federica Pellegrini (Ansa)

Si è tuffata nell’acqua come se fosse lo specchio di una vita. Era notte da voi in Italia e Federica Pellegrini ha disputato l’ultima finale olimpica nei 200 stile libero. La quinta. Un record che vale quanto se non più di una medaglia. Infatti al maschile una cosa del genere l’aveva realizzata soltanto Michael Phelps, l’Imperatore dei Giochi.

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Io c’ero, in questa notte di un addio fortissimamente voluto. Perché a Fede mai è mancata la lucida percezione della realtà. Sin da adolescente, possedeva la dote rara della consapevolezza. Vedeva oltre le cose, con gli occhiali di un feroce pragmatismo.

Ah, Federica! Tu lo conosci il peso dell’acqua e scrutandoti sul blocco di partenza, per la estrema sfida impossibile alle americane e alle australiane, beh, era inevitabile immaginarti con un groppo alla gola. Perché non ci sarà una prossima volta e lasciamo stare le staffette di Tokyo e anche la coda di una carriera che formalmente non si è esaurita qui. Ma nella sostanza si.

È finita tra gli occhi lucidi, è finita quella sovrapposizione tra l’ex ragazzina veneta e l’Olimpiade. Per quasi vent’anni dicevi Pellegrini e ti venivano in mente i Giochi, le suggestioni e le contraddizioni, il trionfo di Pechino e l’argento di Atene, ma anche le vagamente incomprensibili, tecnicamente parlando, delusioni di Londra e di Rio.

Io guardavo nella vostra notte le ultime bracciate di Fede e quasi avevo l’impressione, da lontano, di sentire battere il suo cuore. Non posso dire di conoscerla, anzi, probabilmente al di fuori della ristretta cerchia degli intimi nessuno sa chi sia davvero questa giovane donna che adesso deve uscire dalla piscina per iniziare a vivere senza la confortante routine degli allenamenti, delle gare, delle soddisfazioni, persino delle amarezze.

Ah, Federica! Cercavi questa danza del congedo con tutta te stessa. Ti ripugnava l’idea di una uscita di scena alla Soriano, il romanziere sud americano: un epilogo triste, solitario y final.

No, invece. C’è stata quella semifinale, nel martedì mattina giapponese, che è venuta a dissolvere le ansie residue generate dallo spavento in batteria. E infine il tabellone elettronico si è acceso e i cronometri hanno certificato che l’impresa era compiuta. Settimo tempo, storico ingresso in finale. Per la quinta volta. Come Phelps, l’uomo delfino. Eguagliato dalla Sirenetta d’Italia.

"Ho tirato dritto fin qui esclusivamente per questo – aveva spiegato Federica una volta sfogata la commozione con le lacrime –. Alla mia età il rinvio della Olimpiade di dodici mesi era stato una mazzata. Poi ho preso il Covid, sono saltati tutti i piani di allenamento..."

"Ci sono stati momenti in cui ho temuto di non farcela, per fortuna per due anni il mio staff mi ha assistito alla perfezione, nel gruppo avevamo tutti questo obiettivo... E non mi riferisco ad una medaglia, non sono più in grado di nuotare i 200 sotto l’1’56”, ci sono avversarie nettamente più veloci. È la vita ed è giusto così, io quello che cercavo l’ho trovato, è la mia quinta finale..."

Ci fosse un Dio delle piscine, gli avrei chiesto di fermare il tempo nell’istante che, nella vostra notte, ha preceduto il tocco dell’ultima piastra da parte di Federica Pellegrini.

Invece è finita qui, ma hanno sempre ragione i maestri del tango di Buenos Aires.

Nessuno ci toglierà quello che abbiamo ballato con Federica Pellegrini.