Mercoledì 24 Aprile 2024

Incubo Juve, maxi penalizzazione da 15 punti

La Corte Federale d’appello va oltre le richieste della Procura: il Collegio di Garanzia ultima possibilità per evitare la sanzione

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di Paolo Grilli e Paolo Franci

Alle 21.18 arriva da Roma una sentenza che gela la Continassa in una serata già fredda a sufficienza: sono 15 i punti di penalizzazione inflitti dalla Corte Federale d’appello della Figc alla Juve, una stangata relativa alla gestione delle plusvalenze che rivoluziona, in negativo, la stagione in corso e rischia di condizionare pesantemente anche quelle successive. Perché la Signora precipitata a 22 punti ben difficilmene centrerà l’Europa. Potrebbe farlo solo vincendo la Coppa Italia, o l’Europa League, ma poi bisognerà anche tenere conto delle possibili sanzioni anche sul fronte Uefa, visto che anche oltre confine la condotta della Signora è sotto la lente in relazione al rispetto, o meno, del settlment agreement con la federazione europea del pallone. Superata la richiesta del procuratore Giuseppe Chiné, che aveva chiesto di togliere 9 punti ai bianconeri. E pure le conseguenze per gli ormai ex dirigenti sono più pesanti rispetto a quanto aveva ritenuto appropriato il procuratore. Trenta mesi di inibizione a Paratici, 24 ad Agnelli e Arrivabene, 16 a Cherubini – l’unico ancora in carica, è il ds – 8 a Nedved, Garimberti, Vellano, Venier, Hughes, Marilungo e Roncaglio.

Il club bianconero è stato l’unico ad essere penalizzato con la riapertura del procedimento sulle compravendite ’gonfiate’. L’assoluzione dell’aprile scorso è come evaporata. I nuovi elementi portati dall’inchiesta Prisma sono stati ritenuti decisivi per la Corte. Prosciolti invece Samp, Pro Vercelli, Genoa, Parma, Pisa, Empoli, Novara e Pescara.

La Juve si era presentata al processo guardando a quel faro in mezzo alla tempesta – penale e sportiva – che la sta martellando. Un faro che fin qui aveva satoricamente influito sulle sentenze nei casi di processi sportivi per plusvalenze. E cioè che non esiste un ’testo sacro’, un codice, o un riferimento giuridico per stabilire il valore di un calciatore, che resta puramente soggettivo. Nel precedente processo, Chinè aveva però chiesto solo inibizioni e ammende. Poi, tutto è cambiato. Il sacro principio del “Ne bis in idem“ - non si può essere processati due volte per la stessa incolpazione – non poteva più essere applicato dopo le intercettazioni delle conversazioni di alcuni dirigenti juventini. Materiale raccolto dagli inquirenti della ’Prisma’ che ha portato a stabilire come fittizie le valutazioni di certi giocatori nello scambio con altri club – fa scuola quello Pjanic-Arthur con il Barcellona che portò 43 milioni nelle casse bianconere – ed è emerso un quadro probatorio tale da far riaprire il processo.

Dopo le richieste di Chinè, giunte ieri all’ora di pranzo, c’era stato il contrattacco dei legali juventini, che avevano guardato al potente ’faro’ del quale parlavamo in apertura. E cioè che gli elementi portati sul tavolo dei giudici da Chinè non dimostrano "esistenza di una artificiosa sopra-valutazione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori". Gli avvocati hanno anche sottolineato come budget e documenti che riportano cifre sulle plusvalenze non rappresentino prova di dolo o condotta fraudolenta.

Una difesa che non è bastata alla Juve, che 16 anni dopo Calciopoli si ritrova in un incubo. Contesti e motivi diversi, ma la sentenza è una tegola enorme per un club già in piena rifondazione. Il Collegio di Garanzia del Coni rimane ora l’unica chance per il club di vedere annullata la penalizzazione – un ricorso sarà possibile entro un mese dalla pubblicazione delle motivazioni – ma non si pronuncerà sul merito del procedimento. Rischia poi di non essere finita qui. La Figc continua a indagare anche sul fronte dei bilanci e degli stipendi, dalla ’Carta Ronaldo’ in giù. E potrebbe arrivare entro fine mese un altro deferimento.