Roma vince la Conference League con re Zaniolo: Italia trionfa in Europa

Nicolò-gol e il Feyenoord si arrende in una finale da brividi. L’Italia torna a vincere una coppa dopo 12 anni: l’ultima volta c’era Mou

di Paolo Franci

Sì, è la Coppa di Mourinho. Di una squadra che da molle e spaurita ad inizio stagione, si ritrova a ringhiare calcio, a saper soffrire e sfruttare l’attimo proprio come insegna il portoghese. E , no, questo non è un Triplete da leggenda, ma guardando la bacheca romanista è qualcosa che gli somiglia maledettamente. La Roma batte il Feyenoord e e alza gli 11 chili della Coppa di Conference, attingendo al meraviglioso pragmatismo del suo totem e al talento di Zaniolo, ancora una volta decisivo in Europa.

Certe notti la storia ti rincorre e all’improvviso riscopri come in Europa, l’illusione della vittoria sia stata maligna sorellastra per una vita intera. Certe notti succede che uno stadio, piccolo, il Kombetare arena, somigli a una lattina di tonno stipata oltre il limite ma troppo piccola per contenere un’entusiasmo che attinge al digiuno di successo. E allora sì, che si apra l’Olimpico, quasi pieno per una partita che non c’è. Ci sono i maxi schermi, ci sono 50mila persone che trattengono il fiato da tanto, troppo tempo, una Coppa Italia firmata Spalletti nel lontanissimo 2008. Per non parlare dell’Europa.

La Roma non vince un titolo continentale dalla preistoria del pallone: 61 anni dalla Coppa delle Fiere alzata in faccia al Birmingham. Ci ha poi riprovato in Coppa del Campioni, maledetto Liverpool, eppoi in Coppa Uefa, dove è rimbalzata sull’Inter del Trap.

Con questa ombra cupa sulle spalle, la Roma scende in campo a Tirana contro il Feyenoord, squadra che in Europa invece, non ne ha sbagliata una. Tre su tre, una Cppa dei Campioni e due titoli Uefa. C’è di che fare gesti apotropaici per ore. Nel riscaldamento, gli occhi dei romanisti sono fessure, le bocche ancora peggio. La luce negli occhi però ha un che di mourinhano. Si vede l’emozione per un grande appuntamento, di più però, quel lampo che sa di Mou. Come a dire: fidatevi di noi, l’ultima italiana a poter dire qualcosa in Europa dopo 12 anni di digiuno. La partita è una corda di violino, tesa, brutta, con gli olandesi che assaltano e la Roma a cercare il colpo di lama in ripartenza. Mou si gioca la carta Mkhitaryan, ma l’armeno alza la mano dopo 16 minuti. Sembra un triste presagio e invece no, perchè alla prima palla buona dopo mezz’ora abbondante, Mancini la mette dentro e li’ c’è quel diavolo di Nic Zaniolo che la mette dentro.

La Roma è in vantaggio, cresce, anche se nel finale di tempo rischia. Per non parlare dell’inizio ripresa, un incubo che sembra non finire più e si materializza con due miracoli di Rui Patricio e due pali Oranje. Il martello olandese picchia duro, la Roma regge e sfiora il bis con Veretout e Pellegrini, ma di gol ne basta uno, quello di Nic Zaniolo in una notte che fa la storia.