Mercoledì 24 Aprile 2024

Il sogno non è proibito: vincere il medagliere

Mai come stavolta la squadra azzurra è competitiva in tutte le discipline, dai tuffi al sincronizzato, dalle piscine alle acque aperte

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di Gianmario Bonzi

Quasi 40 anni di storie acquatiche romane. E un sogno moderno che nasce dopo decenni di inseguimenti. In principio fu Roma 1983, il primo Europeo di nuoto nella capitale, il terzo in Italia, con Giovanni Franceschi capace di riportare a casa (due volte per la verità, nei misti) un titolo continentale che in corsia era assente da ben 25 anni, in pieno delirio tedesco orientale nelle piscine di tutto il globo; poi venne anche il primo Mondiale, nel 1994, "macchiato" dai trionfi dopati cinesi, con una squadra azzurra in pieno ricambio generazionale dall’era dei Lamberti&Battistelli a quella (che verrà) dei Rosolino&Brembilla; Lorenza Vigarani agguantò comunque un buon bronzo nei 200 dorso di una inarrivabile Cihong He. Infine, in tempi recenti, ecco i fasti della rassegna iridata datata 2009, quella di Pellegrini&Filippi, dei 43 record mondiali caduti causa (soprattutto) costumi galleggianti, della sfida Cavic-Phelps sui 100 farfalla, del bagno di folla al Foro Italico in mezzo a un caldo infernale, delle giovanissime Sjöström e Hosszú, ancora oggi sulla breccia.

Ecco: oggi, appunto. Roma 2022, un Europeo fortemente voluto dalle istituzioni e che giunge nel pieno della migliore epopea azzurra del nuoto, non solo in corsia. Mai l’Italia si è sentita così forte, competitiva e rispettata nelle discipline acquatiche a tutto tondo. E allora ecco cadere a pennello, con gli impianti del Foro Italico rimodellati al meglio (tribune coperte in piscina, per dirne una), 100.000 spettatori attesi in totale, un indotto calcolato in 200 milioni di euro di ricavi (diretti e indiretti), l’edizione n° 36 della storia, quella in cui provare ad alzare l’asticella e inseguire l’impossibile, cioè tentare di vincere il medagliere assoluto per la prima volta.

Sogniamo in grande, forse troppo? No, dati alla mano. In assenza della Russia e con l’Ucraina inevitabilmente non al top della forma in tutti gli sport, i veri rivali degli azzurri saranno i britannici, in primis in vasca, per altro reduci dai Giochi del Commonwealth, ma senza Peaty, Duncan Scott, Abbie Wood e Molly Renshaw, tra gli altri. L’Italia schiererà ben 58 atleti in corsia (34 uomini, 24 donne), resta competitiva in tutte le gare (tranne la velocità a stile femminile) e pronta a coprirsi di medaglie, gloria e record, con nuovi innesti in squadra, le certezze Paltrinieri, Martinenghi, Miressi, Ceccon (più le staffette) e alcuni atleti top (leggi Quadarella) che in teoria dovrebbero essere più in forma rispetto ai Mondiali. Attenzione proprio alle ragazze azzurre: l’Europa al cospetto del mondo fa fatica (solo 4 medaglie individuali a Tokyo 2020, nel nuoto, una con la citata Simona), ma il contesto continentale è più adatto alla nostra dimensione. Il fondo garantisce allori in quantità e di qualità, ma gli avversari sono principalmente europei, come nella rassegna iridata, quindi massima allerta. La vera differenza si potrà fare tra nuoto artistico e sui tuffi, che a livello europeo raccontano un’altra storia in casa azzurra: basti pensare che Chiara Pellacani (da 1 metro) e Sara Jodoin Di Maria (dalla piattaforma 10 metri, ma dopo i mondiali ha avuto problemi a spalla e gomito) sono state le migliori atlete europee nelle gare citate ai Mondiali ungheresi, senza dimenticare le chance enormi in ogni prova sincro. E Alessandro De Rose, 30 anni appena compiuti, già bronzo a Budapest 2017, quest’anno non è mai andato oltre la quinta posizione nelle prime tre tappe delle Red Bull Cliff Diving World Series, i tuffi dalle grandi altezze che vedranno impegnati, al Foro Italico, anche Elisa Cosetti, Andrea Barnaba, Davide Baraldi e Veronica Papa.

La "mission impossible" è in realtà tutt’altro che impossibile...