Nadal e gli altri, il noioso destino dei dominatori

Non è colpa sua se è troppo forte ma allo sport servono storie nuove

Che barba e che noia, avrebbero commentato Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Ah, l’insostenibile leggerezza di essere Rafa!

Se Nadal anche da zoppo o quasi (ha giocato tutto il torneo sotto anestetico!) vince per la quattordicesima volta sulla terra di Parigi, insomma, sarebbe il caso di porsi qualche domanda.

Badate bene: non sulla unicità del Campionissimo. Longevità e risultati parlano per lo spagnolo: ci sono giovani che sono passati dall’asilo alla università vedendo solo (o quasi) Rafa in trionfo al Roland Garros. Tanto di cappello.

Nadal ha vinto il suo 14esimo titolo al Roland Garros (Ansa)
Nadal ha vinto il suo 14esimo titolo al Roland Garros (Ansa)

Ma, in breve, tutto ciò giova al tennis? Di più. Per la Formula Uno non è stata forse una liberazione la rocambolesca impresa di Verstappen venuta ad interrompere la dittatura di Lewis Hamilton? Se il Real Madrid vincesse la Champions ogni anno (e già la conquista spesso) quanto durerebbe il fascino della Coppa con le orecchie?

Non voglio essere frainteso. Di tennis non ci capisco niente, mi sono fermato alla palla col tuffo di Adriano Panatta. Qui dunque nulla si toglie a Nadal, al suo talento e perfino al suo stoicismo. Per il bene che gli voglio, può continuare a collezionare trofei all’infinito.

È un mito dei giorni nostri e quando parla sembra pure decisamente più intelligente di tanti fuoriclasse di altre discipline. Ma allo sport, in generale e peraltro non solo allo sport, servono sempre storie nuove, facce fresche, energie diverse. Ovviamente non è colpa di Nadal (e nemmeno di Federer o di Djokovic) se è troppo forte per i suoi colleghi. Eppure è umano, in ogni ambito dell’agonismo, il desiderio di poter raccontare suggestioni originali. I nostri antenati finirono per pagare Alfredo Binda perché restasse a casa dal Giro d’Italia e consentisse così ad altri di vincerlo. Okay, avevano torto. Però…