Il Drake e Dino, un lascito del cuore in pista

Fu il figlio di Ferrari, prima di morire, a intuire le possibilità di Imola: e il padre volle un grande autodromo che ora porta il nome di entrambi

di Leo Turrini

Una storia, due nomi.

A Imola, lungo la via che dal Nord porta giù al mare, sorge un tempio. La cattedrale di un culto pagano: la velocità.

Questo gioiello è un autodromo. Come ogni circuito che si rispetti, porta un nome. Anzi, essendo speciale!, la pista di Imola di nomi ne porta due. In un omaggio a Dino ed Enzo Ferrari che è una somma di gioie e di dolori, di entusiasmo e di sofferenza.

Il 19 gennaio 1932, in piena epoca fascista, nasce a Modena Dino Ferrari. È il figlio di Enzo e di sua moglie, la piemontese Laura Garello. Il piccolo Dino avrebbe tutto per essere felice. Il papà è un signore benestante, già molto famoso. È stato un discreto pilota di automobili e ha deciso di smettere con il mestiere di driver proprio quando ha avvertito fortissimo il desiderio di avere un erede. Così Enzo Ferrari ha mollato il volante e nel 1929 ha creato una Scuderia. Fa correre i bolidi dell’Alfa Romeo, mette al volante Nuvolari e Varzi e molto spesso li fa vincere.

Il piccolo Dino, il bambino, è affascinato dalla figura paterna e dal mondo che circonda il genitore. Si innamora in fretta delle auto e dei motori. Insomma, non ha alcuna intenzione di lasciarsi prendere per “il figlio di”. Vuole dimostrarsi all’altezza del papà.

Solo che un giorno, da una analisi d’ospedale, arriva la tremenda notizia. I fastidi di salute che il giovane Dino talvolta segnalava erano la spia di un male crudele. La distrofia muscolare.

Enzo Ferrari ha lasciato scritte pagine memorabili e terrificanti, sull’angoscia che venne a consumare, da lì in poi, ogni suo istante, ogni pensiero.

Non era tipo da rassegnarsi alla sconfitta, Ferrari senior. Non a “quella” sconfitta. Le tentò tutte. Invano. Finché una sera mise nero su bianco, su un quaderno, la resa: "Ho perso. Non una corsa. Ho perso mio figlio".

Ci sono righe di una spaventosa bellezza, nella autobiografia del Drake. C’è quel momento struggente di padre e figlio che salgono assieme verso la rupe di San Marino e Enzo si accorge che Dino non ce la fa più a reggere il passo, perché minato dalla malattia incurabile. E allora, scrive Ferrari, per un attimo lui è sfiorato dalla tentazione di stringersi all’erede e buttarsi giù, nel precipizio. Per morire con lui.

Nel vano tentativo di rendere meno aspra l’agonia di Dino, il padre Enzo aveva preso una casa al mare, sui lidi romagnoli. E allora, anni Cinquanta, l’autostrada non c’era. Per arrivare alla spiaggia e all’ombrellone dovevi transitare da Imola, partendo da Modena. Un giorno Dino Ferrari, congedatosi dalla vita il 30 giugno 1956, passando in zona Santerno disse al papà: ehi, ma non ti sembra che questo sia un circuito naturale? Quel suggerimento Enzo non lo dimenticò mai. Dunque, non è stato per caso, no. Non è stato per caso che il Drake spese le sue migliori energie al servizio della causa di Imola. Non è stato per caso che il circuito sia stato intitolato a Dino, prima che al nome del figlio si aggiungesse quello del genitore.