Giovedì 18 Aprile 2024

Ibra sbaglia, Kessie no: il Milan resta a +2

Decidono due rigori a Bologna: Zlatan fallisce il primo, ma Ante ribadisce in rete. Poi Franck fa 2-0. Poli riapre la partita ma non basta

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di Doriano Rabotti

La capolista tiene il vantaggio, la capolista non brilla, e in fondo il calcio è come quella vecchia rubrica di Giovannino Guareschi sul Candido, se guardi da destra o da sinistra cambia tutto. Come cambia tutto avere o non avere Ibrahimovic, ma quello vero: ieri Zlatan ha fallito l’ennesimo rigore (il terzo su sei tentati) e non è stato in giornata di particolare grazia, anzi.

Ecco, i rigori: anche contro un Bologna volenteroso, ma troppo spuntato, la band di Pioli ne ha ricevuti due, che portano a 14 il totale in campionato. Nessuna altra squadra nei primi cinque campionati europei ne ha calciati tanti, ma anche questo numero si può leggere o provare ad interpretare. Perché i viaggi sul dischetto stavolta non sono frutto di una supremazia territoriale, quanto piuttosto di due episodi. Sul primo pesa anche il sospetto (documentato dalle immagini) che Ibra commetta fallo saltando sulla groppa di Soumaoro, all’inizio di un’azione nella quale il Bologna poi tocca due volte la palla prima di regalarla a Leao, che viene strattonato da Dijks. Rigore giusto, a quel punto, ma Doveri non va neanche al Var a vedere il primo contatto, perché evidentemente non ce lo chiamano. Skorupski para la conclusione di Ibra, Rebic è velocissimo a vanificare la prodezza del polacco bruciando la concorrenza sul pallone respinto. Mihajlovic l’aveva previsto, urlando al suo portiere: "Tranquillo, non li sa tirare".

L’altro rigore lo trasforma con grande freddezza Kessie, che poi spenderà parole balsamiche per il leader che fa cilecca dal dischetto ("Ibra è il rigorista, se lui passa tocca a me. Ma per un attaccante il gol è più importante"): anche questo non arriva dal gioco, ma dalla paura che lo svedese mette agli avversari, in questo caso ancora Soumaoro, che non guarda il pallone per tenere gli occhi su Ibra e su un cross da lontano finisce per produrre un goffo bagher a due mani. Kessie trasforma, il primo posto rossonero rimane in cassaforte, nonostante la grande paura che i rossoneri provano nel finale, dopo la rete dell’ex Poli che riapre la partita.

Ecco, per decifrare le chance di tenuta del Diavolo in questa volata lunga ancora mezzo campionato bisogna forse scrutare meglio quel finale di tempo, nel quale i cambi di Mihajlovic risvegliano il Bologna e la stanchezza soprattutto mentale zavorra la corsa dei rossoneri.

La sconfitta contro l’Atalanta ha lasciato un segno tattico, perché il Bologna prova e riesce a creare i pericoli cercando soprattutto le verticalizzazioni che alla Dea erano riuscite alla perfezione. Ma la frenata è anche morale. In classifica, la marcia è ripresa, ma il gioco non è ancora tornato quello di chi guida con piglio sicuro, e l’impressione è che se Ibra non torna letale come sa essere, il rischio di rallentare la corsa ci sia eccome. Anche l’ingresso di Mario Mandzukic nella ripresa non cambia molto lo spartito tattico e caratteriale del gruppo di Pioli: davanti Ibra è comunque un totem, ma in realtà i pericoli arrivano fino a quando in campo c’è anche un Leao felino (e infatti il Milan arretra quando Pioli toglie la pantera portoghese).

Zlatan attira anche tre uomini per volta e prova ad aprire spazi per i compagni, ma se Palacio fosse arrivato sul cross di Barrow a tre minuti dalla fine, al Bologna sarebbero bastati solo venti minuti di buona qualità per strappare un punto alla capolista. E chissà se ha ragione Sinisa MIhajlovic, quando dice che con Ibra in maglia rossoblù avrebbe vinto 3-0: di sicuro, da quando l’amico che per un po’ aveva pensato di indossare la maglia del Bologna è tornato al Milan, nei confronti diretti ha sempre sorriso lui, Zlatan.

Anche se stavolta era un po’ tirato.