Mercoledì 24 Aprile 2024

Francesco Graziani, 70 anni da mundial: "Gioco ancora"

Un compleanno speciale per Ciccio: "Il calcetto mi tiene giovane. Sono al tramonto, ma per un bilancio ripassate nel 2042..."

Graziani con Scirea, Bearzot, Conti e Zoff dopo la vittoria nel mondiale 1982

Graziani con Scirea, Bearzot, Conti e Zoff dopo la vittoria nel mondiale 1982

Oggi Francesco Graziani, per tutti Ciccio, compie 70 anni. Ne sono passati 40 da quando vinse il mondiale che tutti gli italiani portano nel cuore, Spagna 1982. Ma col passato la finiamo qui, perché quale sia il segreto per arrivare in formissima ai 70 si capisce benissimo nelle parole che state per leggere. ’Ciccio’ è uno che guarda avanti.

Graziani, intanto auguri. Sa che non li dimostra proprio, 70 anni? "Grazie, in effetti me li sento bene. Continuo a fare finta di giocare a calcetto, in realtà è una scusa per fare casino con i compagni. Qualche dolorino c’è, ma posso dirmi soddisfatto".

In certe date fatidiche di solito si fanno bilanci personali. "Io no, non sono ancora pronto, anche se ovviamente a volte penso che ormai sono verso il tramonto della mia vita, dopo l’alba, il mattino e il pomeriggio. Diciamo che per i bilanci ne riparliamo tra vent’anni".

Di che cosa è più orgoglioso? "Della serenità, della salute, di avere una bella famiglia e dei miei nipoti meravigliosi. E ogni mattina quando apro gli occhi ringrazio Dio perché vedo la luce e ho una nuova giornata da pianificare".

E sul piano sportivo? "La cosa che mi fa piacere è la stima, l’affetto che ricevo. Potevo fare di più? Non lo so, se mi guardo indietro devo dire che ho avuto molto, lo scudetto, il campionato del mondo. Non ho grandi rimpianti onestamente. Uno solo forse".

Quale? "Il rigore sbagliato dal sottoscritto e da Bruno Conti nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool. Ma poi mi dico che un rigore in un momento così molti non lo sbagliano perché non arrivano mai a tirarlo, stanchi dopo 120 minuti e con una pressione incredibile addosso. Hanno fallito anche i grandissimi come Baggio, almeno una volta".

Torino, Fiorentina, Roma: si direbbe che abbia sempre scelto col cuore, le sue squadre. "Vero. Sono stato otto anni a Torino, non offendo nessuno se dico che in maglia granata ho sentito un senso di appartenenza unico, oltre a vincere scudetto e titolo di capocannoniere. A Firenze ho vissuto un affetto incredibile, con mia moglie avevamo già deciso che ci saremmo stabiliti ad Arezzo, dove c’era la prima squadra che ha creduto in me. E poi giocai in una Roma fortissima, con prospettive di vittoria, furono anni bellissimi".

Mai cercato da una big? "La Juventus, ma avevo già dato la parola alla Roma e per me la parola è un impegno sacro. Però Boniperti me lo disse varie volte, che gli era rimasto il rammarico di non avermi potuto ingaggiare. Ma oltre all’impegno già preso, non avrei potuto andare alla Juve dopo gli anni nel Torino, anche se il calcio stava già cambiando".

Parliamo del mundial ’82. Ormai è chiaro che lo vinse il gruppo, prima della tecnica. "Siamo ancora in contatto con una chat nella quale ci informiamo e ci diamo una mano quando serve, la verità è che quella era ed è ancora una famiglia. In tutti e due i mondiali che ho vissuto, compreso quello del ‘78, il gruppo era omogeneo. Il mio leader era Gaetano Scirea, un punto di riferimento per tutti, parlava poco, faceva tanti fatti. Ma anche Mancini aveva saputo creare tanto all’Europeo, la differenza la fanno le facce di chi sta in panchina".

In che senso? "All’Europeo ho rivisto quello che capitò anche a noi: anche chi stava in panchina era coinvolto e contento, non c’erano musi lunghi. Vuol dire che si sentivano tutti parte di qualcosa".

Meglio Messi o Mbappé? "Sono due campioni assoluti, ma diversi. In comune hanno l’unico punto debole, il colpo di testa. Ma Messi è il calcio, il divertimento, l’estro. Non sai mai che cosa succede, con lui. E’ più determinante per la sua squadra perché tutto passa da lui. Mbappé è il prototipo del calciatore moderno, fisicamente e mentalmente forte, usa i due piedi, sa dribblare. Mi ricorda Ronaldo il fenomeno, anche se lui fatica in mezzo mentre Ronaldo aveva più problemi da esterno. La Francia però ha anche alternative. Sarà una bella finalissima".