Gattuso-Pirlo, quando un amico è di troppo

Dopo la Supercoppa, Napoli-Juve vale un’altra "finale": Ringhio rischia la panchina, il bianconero vuole accorciare sulle milanesi

di Paolo Franci

Gli toccherà spezzare l’acciaio con il bronzo. Cos’altro può essere se ti mancano i tuoi guerrieri migliori? Quelli che difendono il castello, come Ghoulam, Koulibaly, Manolas, Hysaj, fanno diga e impostano come Demme e quelli che il castello dovrebbero assaltarlo, come Mertens. Perchè queste sono le assenze che conta Rino Gattuso nella madre di tutte le partite. Ce lo immaginiamo, lì, affondato nella panchina di Soccavo mentre conta e riconta i suoi. Pochi. Maledettamente pochi per sfidare il Gigante. Senza contare che Fabian e Osimhen hanno così poca benzina nelle gambe. Sa, Rino, che in questa battaglia si gioca tanto, forse tutto. E sa, quanto il pallone possa essere perfido, se decide di mettere il tuo futuro nelle mani di un antico fratello, Andrea.

Gattuso guarda la Juve che ha preso solo un gol nelle ultime sette e catapulta al San Paolo un CR7 versione Venom e si chiede come possa il Napoli ferito, arrampicarsi sul match. Per dirne una, i bookmaker hanno scavato una buca enorme tra Rino e la vittoria, piazzandola a 4 volte la posta, come nel caso di Planetwin365, una valutazione mai vista prima per questa sfida. Tutto lascia pensare che sarà una tragedia napoletana. Perchè la Juve con il ritorno di Re Giorgio pare imperforabile. E io – penserà Rino – là davanti sto messo male, male. Però poi, il pallone che ti mette di fronte un fratello che farà di tutto per metterti in ginocchio, a volte riesce ad addrizzare la curva dell’incredibile. Proprio noi, a suon di Mondiali, abbiamo scritto la storia in questo senso. L’82 in Spagna , il 2006 a Berlino. Arrivavamo lì gonfi di scandali e vergogna e abbiamo vinto. Nel 2006, lo sappiamo, c’erano pure loro due. Uno randellava e copriva le spalle a Pirlo, l’altro ridefiniva il concetto di regia e talento. E proprio in finale, contro la Francia, a Rino toccò un duello che potrebbe essere la metafora del match di questa sera. Gli toccò Zinedine Zidane e sembrava tutto troppo grande. Come la Juve. Come Pirlo e i suoi. Come quella voglia di riscatto che sembra così lontana da non poterla toccare mai più.