"Vi racconto mio padre Enzo Ferrari: ogni sabato mi portava Topolino"

Sono partite, tra Reggio e Modena, le riprese della pellicola di Michael Mann sul fondatore del Cavallino. I ricordi del figlio Piero: "L’ho visto commuoversi quando Pertini si congratulò con lui dopo una vittoria"

Enzo Ferrari, fondatore della Scuderia di Maranello

Enzo Ferrari, fondatore della Scuderia di Maranello

"Nel film ci sarò anche io, hanno scelto un ragazzino per interpretarmi all’età della vicenda cinematografica, nel 1957 avevo dodici anni…".

Piero Ferrari, il figlio del Drake, segue con divertita partecipazione la realizzazione della pellicola hollywoodiana dedicata al padre Enzo.

Il grande regista Michael Mann, l’autore di Heat con Al Pacino e De Niro, sta girando in questi giorni fra Modena e provincia. "Pensi che in passato proprio Al Pacino e De Niro erano stati tra i candidati ad interpretare papà – sospira il vice presidente della azienda di Maranello –. Ma erano altri progetti, non andati in porto".

Adesso Mann ha scelto per il ruolo Adam Driver, nuova superstar americana, protagonista anche dell’ultima trilogia di Star Wars.

"A me piace molto. E poi Driver in italiano significa pilota, dunque direi proprio che ci siamo!".

Che effetto fa vedere il papà sul grande schermo?

"Eh, debbo separare l’elemento emotivo dal giudizio dello spettatore, anche se per me mica è facile…".

Sergio Castellitto fu Enzo Ferrari per la fiction Mediaset, quasi vent’anni fa.

"E fu molto bravo, aveva scavato tra le pieghe del personaggio. Anche Remo Girone, che fa mio padre nel film sul dualismo con la Ford negli anni Sessanta, è stato esemplare. Solo che…".

Solo che?

"L’attore non c’entra, ma gli americani lì hanno inventato, Matt Damon e Chris Bale fanno vedere che papà andò di persona ad assistere ad una 24 Ore di Le Mans e invece è un falso storico, il babbo da Maranello non si muoveva".

Beh, si chiamano licenze poetiche, più o meno.

"Infatti, me ne rendo conto. Per questo dicevo che in me prevale l’aspetto emotivo".

In che senso?

"Voi guardate l’Enzo Ferrari del film e sono sicuro che Mann farà qualcosa di bello, spero vinca l’Oscar. Ma io ho in mente papà, quello vero".

Com’era?

"A me viene in mente il genitore che il sabato mi portava la copia nuova di Topolino e si fermava a leggermi tutte le storie a fumetti, dalla prima all’ultima".

Enzo Ferrari non di rado è stato descritto come un tipo burbero, ruvido.

"Certamente lo era sul piano professionale, esigeva il massimo dai collaboratori. Ma chi lo conosceva imparava a capirlo e a volergli bene".

Lui si definiva ‘agitatore di uomini’.

"Lo era ed era una personalità complessa, per molti aspetti unica. Io non ho mai voluto essere paragonato a lui. Papà è stato figlio del suo tempo, del suo secolo. Sa dove ha visto giusto Mann?".

Sentiamo.

"Il regista, che è anche un collezionista di Ferrari!, aveva in testa questo film da oltre trent’anni. Me ne parlò nel 1995 con Sydney Pollack, altro grande di Hollywood che doveva fare il produttore. Mann mi disse subito: è impossibile raccontare tutta la vita di tuo padre in due ore e mezza di film, dovremmo fare una soap opera tipo Beautiful, meglio scegliere un periodo particolare. E così ha fatto".

La storia sarà ambientata nel 1957.

"Sì, l’anno dell’ultima Mille Miglia, sfociata in una tragedia, pochi mesi dopo la morte del primogenito Dino, mio fratello".

Piero, lei ha mai incontrato Dino?

"Mai, seppi di lui solo dopo la sua scomparsa. È un vuoto, ma fu papà a volere così".

Oggi Enzo Ferrari come vivrebbe in questa Italia?

"Mio padre era un patriota, un nazionalista. Si commosse quando Pertini, presidente della repubblica, gli mandò un telegramma di congratulazioni per una vittoria in pista. Era il 1979 e non era mai accaduto prima che il Palazzo si ricordasse di lui…".

L’orgoglio della italianità.

"Sì, più forte anche delle pulsioni di parte. Papà aveva conosciuto Mussolini, era amico del gerarca Italo Balbo, ma fu l’unico imprenditore, in piena guerra fredda, nonostante il veto di Confindustria, a ricevere in fabbrica Palmiro Togliatti, il segretario del PCI. Sapeva che tanti suoi operai votavano comunista, ma diceva: a me basta siano bravi sul lavoro, non mi interessa che tessera hanno in tasca".

Proprio un tipo da film, nel senso migliore del termine.