Charles Leclerc e Max Verstappen, il duello che non finisce mai

Rivali dai tempi dei kart, nel Gp del Bahrain hanno dato spettacolo

L’arrivo di Leclerc. Nel riquadro, il monegasco con Verstappen ai tempi di kart (Ansa)

L’arrivo di Leclerc. Nel riquadro, il monegasco con Verstappen ai tempi di kart (Ansa)

Forse a Carletto quella stretta di mano sul podio è mancata. Forse, davvero, Leclerc avrebbe gradito le congratulazioni di un Verstappen battuto al termine di un duello incandescente. Il destino ha deciso diversamente, offrendo a Hamilton un bizzarro terzo posto. In prospettiva, potrebbe essere anche un vantaggio per il monegasco, dato che fin quando la vettura dei bibitari è rimasta in pista è sembrata francamente molto più pericolosa della Mercedes.

Ma questi sono discorsi che appartengono ad un futuro ancora tutto da scrivere. Nota è invece la fortissima rivalità che divide il Ferrarista e il campione del mondo in carica. Un dualismo che risale addirittura ai giorni della loro adolescenza, quando si sfidavano all’arma bianca a bordo di minuscoli kart. A lungo il loro cammino si è sviluppato su corsie parallele. A giudizio di tutti gli osservatori, entrambi erano predestinati ad un avvenire luminoso. Poi, però, il destino ha interferito sul progetto dell’uno e dell’altro.

L’olandese è arrivato prima in Formula 1, quando ancora era minorenne. Non aveva la patente per guidare una Panda, ma i dirigenti dell’impero Red Bull hanno scelto di fargli bruciare le tappe.

Carletto si è incamminato su un sentiero diverso. È stato allevato con scrupolo dalla Ferrari, che nel 2018 gli ha permesso di assaggiare le atmosfere del grande automobilismo collocandolo nell’abitacolo dell’Alfa Romeo. Poi nel 2019 l’azienda l’ha promosso al posto di Kimi Räikkönen e subito si è avuta l’impressione che Leclerc fosse in grado di mettere in discussione la fresca popolarità di Verstappen.

Ci sono state inevitabilmente scintille, tra loro. Il ruolo di candidato alla eredità di Hamilton non può essere condiviso. E memorabile fu una battaglia in Austria, nel 2019, risoltasi a favore dell’olandese grazie ad una di quelle manovre che lo rendono spregiudicato, persino troppo, agli occhi dei suoi colleghi.

E quando sembrava che la Ferrari fosse finalmente in grado di offrire a Carletto la monoposto dei sogni, una durissima interpretazione regolamentare data dalla federazione internazionale a proposito del motore di Maranello ha ricacciato Leclerc nel limbo. Sbiadito si era fatto il ricordo delle sue due vittorie, in Belgio e a Monza, in quello stesso 2019.

Sprovvisto di una macchina all’altezza della situazione, per due estenuanti stagioni il monegasco è svanito nelle retrovie. Ha visto da lontano la crescita esponenziale di Verstappen. Probabilmente, anzi sicuramente, in nome dell’antica contrapposizione, gli è dispiaciuto che sia stato proprio il nemico dell’adolescenza a spodestare Lewis Hamilton.

E dunque io credo ci fosse tutto questo, nel furore del ripetuto corpo a corpo che ieri, tra le dune del deserto, ha esaltato milioni di telespettatori. In palio non c’era solamente la vittoria nella corsa che inaugurava la stagione delle regole rivoluzionarie. In palio, finalmente e di nuovo, c’era una questione di supremazia mai chiarita. Almeno dal punto di vista di Leclerc, che ha sofferto in silenzio nel biennio forse più cupo della storia Rossa.

Gilles Villeneuve e Rene Arnoux: alzi la mano chi, avendo una certa età!, ieri non ha ripensato alla battaglia di sorpassi che l’idolo ferrarista e il pilota della Renault animarono a Digione nel 1979.

Beninteso, è cambiato tutto. La tecnologia. Il modo di correre da parte dei campioni. L’approccio stesso al mestiere. Ma alla fine e di questo dobbiamo essere grati a Leclerc e Verstappen, identico rimane il sentimento. La velocità da sempre è un concetto che ispira frenesie romantiche.

E ieri in Bahrain l’eroe del romanzo si chiamava Carletto.