Martedì 23 Aprile 2024

Formula 1, Ayrton Senna inedito: "Io e Schumacher, i migliori"

L’intervista di 25 anni fa, un mese prima di morire nello schianto di Imola

Ayrton Senna

Ayrton Senna

Davvero, a Interlagos avevamo altri pensieri. Alain Prost, detentore del titolo e acerrimo rivale di Ayrton, aveva dato l’addio alle corse. Senna aveva finalmente ottenuto la macchina che, almeno dal 1992, desiderava guidare: la Williams, spinta dal motore Renault. La vettura che aveva dominato le ultime due stagioni, prima con Nigel Mansell e poi con Alain Prost. La Ferrari stava faticosamente cercando di uscire dal tunnel di una lunghissima crisi. Da pochi mesi il presidente Montezemolo aveva affidato il team di Maranello a un manager francese: Jean Todt. I drivers della Rossa erano Gerhard Berger e Jean Alesi.  Tutti i pronostici indicavano un unico favorito per la conquista del mondiale: Ayrton Senna, ovviamente. Il più accreditato tra i rivali era un giovane tedesco. Michael Schumacher aveva 25 anni, guidava la Benetton e fino a quel momento aveva vinto, in carriera, due Gran Premi. Giovedì 24 marzo, nei box di Interlagos, realizzai l’ultima intervista con Ayrton. Sul mio giornale, il Resto del Carlino di Bologna, pubblicai soltanto le parti della conversazione strettamente legate alla attualità di un campionato che stava per iniziare. Quella che segue è la versione integrale, basata sui miei appunti.

INTERLAGOS (Brasile) 24 marzo 1994 - Ayrton Senna sa di essere condannato a vincere. Per giudizio unanime, è il miglior ‘manico’ in circolazione. L’accordo con Frank Williams gli ha garantito il volante della monoposto che ha spadroneggiato nelle ultime due stagioni. E la caccia al titolo, che per lui sarebbe il quarto, comincia davanti alla sua gente. A San Paolo, la megalopoli di cui ben conosce le spaventose contraddizioni. "Non credo di avere già vinto – sospira il fuoriclasse brasiliano –. Penso che i pronostici siano figli di una realtà che non esiste più".

In che senso? "Le regole tecniche sono state modificate. La federazione ha introdotto novità importanti. Le macchine sono diverse".

Però qui in Brasile hanno già lanciato la campagna pubblicitaria che abbina la tua Williams alla Selecao, la nazionale di calcio che in estate disputerà la Coppa del Mondo in America. Lo slogan è: il quarto è nostro. Inteso come titolo iridato… "È una bella idea promozionale, abbina due grandi passioni del mio popolo, l’automobilismo e il pallone. Ma io non ho ancora vinto. I calciatori nemmeno".

C’è qualcosa che ti preoccupa in particolare? "Lavoro sempre per migliorare il rendimento della vettura. Nei test c’erano cose da sistemare, da perfezionare. Ma non è una sorpresa, in Formula Uno funziona così".

Hai avuto la Williams che volevi. "Tante volte ero stato vicino a un accordo con Frank Williams, è una persona che stimo, ha contribuito alla storia del motorsport come pochi altri. Adesso si sono create le condizioni per una nostra collaborazione. Mi piace l’idea di poter vincere insieme".

Non ti mancherà la McLaren? "È la squadra con la quale ho realizzato i miei sogni. Ho conquistato i miei tre titoli mondiali con Ron Dennis. Ho deciso di cambiare, perché non c’erano più le condizioni per restare al top".

Ha fatto molto discutere una tua frase… "Quale? ".

Hai detto che il pilota più bravo ha diritto alla vettura più forte. "Non era esattamente questo, il concetto. La mia tesi è semplice. Chi ha dimostrato di essere competitivo, è giusto disponga di un mezzo all’altezza del suo talento. Non avrebbe senso scoraggiare la qualità del singolo! Poi, per il bene dello spettacolo e quindi della Formula Uno, meglio se di team in grado di lottare per la vittoria ce ne fosse più di uno. Cosa che io credo accadrà in questo 1994".

Con la Williams Mansell e Prost hanno avuto vita facile. E adesso non corrono più. "Non è dipeso da me. Ho una grande stima per entrambi. Come sai, con Alain le relazioni non sono state facili (ride, ndr). Ma anche nei momenti più duri ho sempre dichiarato che è un grande campione. Il migliore".

Dopo di te. "Uhm, immagino che lui non sarebbe d’accordo".

E Mansell? "Era l’unico capace di mettermi in apprensione quando lo vedevo negli specchietti retrovisori".

Ne avevi paura? "Mai avuto paura di un avversario. Però Nigel, quando ce l’hai dietro, non sai mai cosa possa inventare. In questo senso sì, mi inquietava. E infatti cercavo di stargli davanti".

Non ho ancora capito bene quale sia la tua opinione sul giovane Schumi. "Secondo me hai capito benissimo".

No, invece. "Michael è molto forte. Ha una velocità naturale straordinaria. Lo rispetto e lo stimo. Non mi sono piaciuti certi suoi atteggiamenti e glielo ho detto in faccia".

Pensi sia irrispettoso? "Penso voglia vincere sempre, esattamente come me. E questo va bene. Caratterialmente non ci somigliamo. Come dite voi italiani? Non ci pigliamo! Ma c’è tempo, magari un giorno diventeremo amici".

A proposito di tempo: sono anni che si parla di un tuo interesse per la Ferrari. "Confermo".

Cosa confermi? "Che la Ferrari mi interessa".

Hai appena firmato un contratto pluriennale con la Williams. "Esatto. Adesso non ci sono le condizioni per un mio passaggio a Maranello".

Comincio a pensare non ci saranno mai. "Il punto è questo. La Formula Uno è tecnologia. In questa fase la Rossa è indietro. Come prestazioni, intendo. È molto lontana dai top team. Se venissi a guidarla, non potrei compensare il gap. Sarebbe un’operazione controproducente. Per me e per loro".

È questo che hai detto al presidente Montezemolo quando vi siete parlati? "Più o meno. Gli ho detto che sto seguendo il lavoro che sta facendo Todt per rilanciare la Scuderia. Il mio amico Berger sarà di aiuto, Gerhard è una splendida persona ed è un ottimo pilota. Dopo di che, la Ferrari è nel mio destino".

Sicuro? "Quando ero più giovane c’era ancora il Vecchio a Maranello, mandavo sempre una cartolina d’auguri per Natale a lui e al figlio Piero. Una volta parlammo anche di un mio possibile ingaggio, stavo alla Lotus, non se ne fece niente. Ma l’idea c’è sempre. Sai, una volta a Montecarlo sono uscito dall’hotel alla sera per andare a un party, ero con mia sorella, una Ferrari di serie è passata sfrecciando davanti a noi. L’ho guardata e ho detto a Vivianne: un giorno la guiderò".

Quella Ferrari di serie? "Dai, la Ferrari da Gran Premio".

A proposito di Gran Premio: qui a Interlagos aspettano tutti la tua vittoria, domenica. "Lo so. Sarebbe la prima con la Williams. I paulisti mi amano e io amo loro. Noi brasiliani siamo uniti da un sentimento speciale. Io non corro soltanto per me. Corro per il mio popolo. E il Gran Premio del Brasile non mi lascerà mai indifferente".