"Errore nella diagnosi", Astori poteva salvarsi

Il professor Giorgio Galanti, il medico che nel luglio del 2016 e del 2017 certificò l’idoneità agonistica del difensore della Fiorentina e della Nazionale Davide Astori "liquidò come normale, fisiologica e di non rilevanza clinica" la presenza di extrasistolia ventricolare durante due prove da sforzo effettuate, a distanza di un anno l’una dall’altra, dal capitano viola. Secondo il giudice Antonio Pezzuti, che nel maggio scorso ha condannato a un anno per omicidio colposo l’ex direttore della medicina sportiva dell’ospedale fiorentino di Careggi e in questi giorni ha depositato le motivazioni della sentenza, Galanti "ha omesso ogni percorso diagnostico", a cominciare dal primo passo che i protocolli imponevano di fare: eseguire un holter, l’esame che avrebbe potuto permettere di individuare la cardiomiopatia aritmogena di cui soffriva, senza che lui lo sapesse, il cuore del calciatore e che ne causò la morte improvvisa, a soli 31 anni, la notte del 4 marzo del 2018, alla vigilia di Udinese-Fiorentina.

"Con la sua condotta - si legge ancora nella sentenza - il medico ha impedito l’accertamento della malattia, avendo omesso il primo necessario atto diagnostico. L’aritmia ventricolare che ha portato al decesso di Astori è stata il risultato della malattia del muscolo cardiaco che, non essendo stata diagnostica come poteva facilmente esserlo, è progredita negli anni favorita, in misura cinque volte superiore a quella di un non atleta, dallo svolgimento dell’attività sportiva agonistica". Secondo il giudice, l’individuazione della malattia avrebbe interrotto la carriera ma avrebbe permesso di salvare la vita del calciatore per mezzo dell’impianto di un defibrillatore. Galanti, tramite il suo legale Sigfrido Fenyes, annuncia ricorso in appello.

Stefano Brogioni