Mercoledì 24 Aprile 2024

Eriksen, sì al defibrillatore: addio all’Italia?

Il calciatore si è sottoposto all’intervento: in A con questo tipo di impianto non potrebbe più giocare. Castellacci: "Troppi rischi"

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di Giulio Mola

"Dopo aver sottoposto Eriksen a diversi esami cardiaci, è stato deciso che avrebbe dovuto avere un ICD (Implantable cardioverter defibrillators). Questo dispositivo è necessario dopo un attacco cardiaco causato da disturbi del ritmo. Christian ha accettato la soluzione e il piano è stato confermato anche da specialisti a livello nazionale e internazionale che consigliano tutti lo stesso trattamento...". Di buon mattino arriva il verdetto della Federcalcio danese, doloroso da accettare ma non "stroncante", a sentire chi è molto vicino al calciatore danese, al quale già nella giornata di ieri è stato impiantato il defibrillatore sottocutaneo resosi necessario a seguito del grave malore patito dal calciatore sabato 12 giugno durante la sfida contro la Finlandia.

Nel comunicato sottoscritto anche dai medici del Righospitalet da dove Eriksen sarà dimesso in giornata. non si parla di diagnosi: la Federazione, infatti, non precisa che cosa abbia causato l’aritmia cardiaca. Da questo punto di vista siamo ancora nella cosiddetta fase 1: dietro a un evento in cui Eriksen ha visto la morte negli occhi, c’è una patologia grave che deve essere accertata, forse una miocardite.

La prima conseguenza pratica, è che dal punto di vista sportivo il futuro del centrocampista è a rischio, almeno per quel che riguarda la nostra serie A: in Italia, infatti, non è neppure contemplato dalle regole che si possa giocare col defibrillatore. I nostri protocolli di medicina dello sport spiegano genericamente che "la concessione dell’idoneità sportiva dipende dal tipo di cardiopatia sottostante, dalla presenza o meno di sintomi, dal rischio traumatico e dal rischio intrinseco dello sport praticato. Inoltre, dovrà essere valutato attentamente anche il rischio di possibili interferenze elettromagnetiche al dispositivo. Le preoccupazioni maggiori legate all’attività sportiva ad elevato impegno cardiovascolare nei portatori di ICD sono relative al possibile aumento del numero degli shock appropriati e non in corso di esercizio fisico".

All’estero, invece, ci sono calciatori che giocano con un impianto simile installato: l’olandese Blind (compagno di squadra di Eriksen all’Ajax), è l’esempio più illustre. "Ma qui da noi le regole sono più severe", avverte l’ex medico della nazionale azzurra campione del mondo 2006, il professor Enrico Castellacci. "Bisognerà capire bene quale è la patologia, ma andare in campo con un defibrillatore sottocutaneo espone a rischi. Una pallonata o un contrasto possono mettere fuori uso un meccanismo che con una scossa elettrica interviene in caso di arresto cardiaco". Dunque, non è impossibile che anche Eriksen possa tornare in campo, anche se l’ipotesi resta complicata.

Bocche cucite, invece, in casa Inter, dove si intrecciano cautela e attesa. Ma pure un briciolo di ottimismo, aspettando che la situazione si evolva. Non è certo che il responsabile sanitario dei nerazzurri, Piero Volpi e l’ad Beppe Marotta si rechino in Danimarca, ma le valutazioni verranno fatte fra 3-4 settimane quando Eriksen (legato all’Inter fino al 2024) sarà sottoposto a nuove visite di controllo che serviranno pure per capire se questo defibrillatore sarà temporaneo o permanente. Perciò nessuno vuole sbilanciarsi in previsioni del tutto negative: se da un lato gli esperti più fiduciosi dicono che, anche con il defibrillatore (ma non in Italia) il danese potrebbe riprendere l’attività nel giro di tre mesi è anche vero che non si perde l’altra speranza, ovvero che l’impianto possa proteggere e regolarizzare il ritmo cardiaco in poche settimane per poi essere tolto. A quel punto Christian potrebbe ottenere l’idoneità anche in Italia. Solo un’ipotesi, nulla di più. Per ora l’unica cosa che conta è che Eriksen stia meglio. Sperando che possa dimenticare in fretta quel sabato maledetto.