E’ sempre rivoluzione Rossa, ma senza titoli

Ferrari, Binotto verso le dimissioni: salta il quarto team principal in meno di nove anni. Ora il peso dei risultati sarà tutto su Leclerc

di Leo Turrini

Ora che fra Binotto e la Ferrari sta finendo come preannunciato, non vi tedierò con il classico “l’avevo detto io”.

Mica lo faccio da oggi, questo mestiere.

È una sconfitta per la Ferrari intesa come Mito, siamo al quarto team principal che salta in meno di nove anni. Nove anni, per inciso, da zero tituli.

È una sconfitta per John Elkann. Almeno formalmente, a gennaio 2019 fu lui a mettere lì l’ingegnere reggiano. Era un lascito di Marchionne, d’accordo. Ma se sei un leader e fai una scelta, poi la difendi. Cosa che questo presidente non ha saputo o voluto fare.

È ovviamente una sconfitta per Binotto. Ha speso una vita sognando di arrivare alla poltronissima. L’ha ottenuta, voleva bissare le imprese di Jean Todt, di cui fu giovane collaboratore. Ha fallito, o meglio ancora non gli è stato dato il tempo. Todt conquistò il primo mondiale costruttori dopo 6 anni e mezzo. Binotto non ne ha avuti quattro, di anni. C’era un altro presidente, all’epoca.

Ma Mattia ha le sue colpe. Il caso motorone 2019 avrebbe meritato una gestione trasparente, anche se non c’era lui all’origine del pastrocchio.

Aveva pochi amici in fabbrica, Mattia. E lo sapeva. Aveva addosso l’etichetta dell’arrampicatore. Non si è aiutato con le ostentazioni mediatiche. Fu una follia debuttare da TP con una intervista titolata “Apriremo un’era”. Ma via, Todt una smargiassata del genere non la pronunciò mai, nemmeno quando vinceva sempre. Io mi ero raccomandato: evitare la sovraesposizione, perché Crozza va bene una volta, ma poi ti trasforma in macchietta, in parodia. E non è stata accorta la gestione di Leclerc in questa stagione, quel pretendere di considerarlo uguale a Sainz anche quando pista e classifica dicevano qualcos’altro.

È una sconfitta, mi dispiace dirlo, proprio per Leclerc. Io sono un fan di Carletto, ma proprio perché non è un mistero il suo rapporto diretto con Elkann, il ragazzo non doveva permettere che il suo entourage avesse un ruolo in questo triste epilogo. Dovrebbe capire che da qui in avanti sarà lui il capro espiatorio, non essendoci più Binotto a fare da parafulmine.

È una sconfitta ovviamente per Sainz, che era, lui sì, tutta farina del sacco di Mattia.

Mi chiederete: ma allora, chi esce vincitore da questa bizzarra nonché sgradevole vicenda?

Temo la Red Bull, ma pagherei di tasca mia per aver torto.