"Donne vincenti, è questa la nostra eredità"

Manuela Di Centa e i successi di Goggia, Fontana, Brignone: "Abbiamo aperto la strada. Anche alle Paralimpiadi ci divertiremo"

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di Doriano Rabotti

Manuela Di Centa, campionessa dello sci di fondo azzurro con sette medaglie olimpiche (due d’oro) e altrettante mondiali in bacheca, oggi è membro onorario del Cio, dopo essere stata nel consiglio dello sport mondiale per 10 anni. Era in Cina durante le Olimpiadi invernali più strane della storia: "Anche se ero negativa mi sono fatta tre giorni di isolamento in albergo, poi sono potuta uscire. Il presidente del Coni Malagò invece è rimasto 11 giorni in un covid hotel".

Di Centa, che Olimpiadi ha visto?

"Molto belle sul piano sportivo in generale, l’organizzazione è stata più che perfetta. Ho visto percorsi incantevoli e impianti meravigliosi per trampolino, biathlon, sci di fondo. A Pechino è importante aver recuperato strutture usate per le Olimpiadi estive. Quello della pista lunga del ghiaccio era molto suggestivo, da fuori si vedevano altre piste come ciambelle concentriche. Ma il mio preferito è quello dello slittino, uno spettacolo".

Come giudica la spedizione italiana?

"Sono arrivate tante medaglie, quindi significa che abbiamo saputo lavorare su più fronti. Forse non abbiamo raccolto quanto speravamo nello sci alpino maschile, ma nel femminile il bilancio è straordinario. Abbiamo uno squadrone di fenomeni, e non solo Goggia e Brignone. Ho visto anche l’ultima prova della Lollobrigida, bellissima per tecnica e strategia. Ho visto la prima medaglia della Fontana, sono gare velocissime, capisci che la differenza la fanno i millesimi, dietro i quali ci sono ore e anni di lavoro e fatica".

Anche queste sono state le Olimpiadi delle donne.

"Per me le medaglie non hanno sesso, cambiano solo per il colore. È giusto che certi conti li faccia chi si occupa dello sviluppo dello sport, per colmare le lacune che mancano. Ma a me non fa molto effetto vedere tante donne sul podio. Diciamo che sotto il profilo della dignità, la vera parità è da conquistare sui compensi economici".

Però è vero che le tante vittorie di oggi sono figlie delle conquiste dei vostri tempi.

"Noi abbattemmo dei veri e prori tabù, questo è vero. A Sarajevo nell’84 non avevamo né squadra né skimen, io fui chiamata solo perché ero arrivata ottava ai mondiali dell’82, ma mi allenavo facendo il fieno d’estate con mio padre, non avevo gli sci. Con le possibilità di adesso probabilmente noi avremmo vinto molto di più, ma è un po’ un passaggio del testimone. Anche per questo ho voluto fare la dirigente, per cambiare le cose. Perché so quanto fu difficile per noi ottenere gli stessi diritti per potersi allenare. Era una battaglia, io ho lavorato per tre anni fuori dalla Federazione, senza aiuti. Mi fa piacere vedere che le ragazze oggi hanno più possibilità anche per merito nostro".

Con la federazione di polemiche ce ne sono anche oggi, da Fontana a Brignone a Casse. Servono?

"Penso di sì, è importante che un atleta possa esternare le sue esigenze. Bisogna ascoltarli e cercare di venire incontro alle loro esigenze, soprattutto quando sono personaggi di qualità altissime. Ma per me oggi le federazioni sono pronte a un dialogo costruttivo. E io preferisco le scintille, finché si resta nei confini dell’educazione. Vuol dire che gli atleti ci tengono".

Lei è dentro il Cio: che opinione hanno all’estero dei Giochi di Milano-Cortina?

"Prima mi faccia dire una cosa".

Prego.

"Quando sono rientrata a Milano dietro di me c’era la Brignone in aereo, c’erano Malika Ayane, Malagò, il presidente Roda, i sindaci. E c’era la bandiera delle Olimpiadi, bellissima. Mi sono gonfiata di orgoglio, anche perché a differenza delle altre volte, a Pechino non avevo potuto vedere molta gente: vivevamo tra albergo, ristorante e impianti. Eppure ho potuto cogliere una grande aspettativa, sono sicura che le prossime saranno le olimpiadi del sorriso".

Addirittura.

"Sì, perché sono davvero in tanti ad avermi detto che non vedono l’ora di venire a mangiare da noi e vedere l’Italia. Spesso non ci rendiamo conto di come ci considerano gli altri e della bellezza che ci circonda, la diamo per scontata. E invece ho sentito che tutto il mondo non vede l’ora di venire a trovarci".

Ora le Paralimpiadi: che cosa ci dobbiamo aspettare?

"A Tokyo quelle estive sono state un grande successo. Non ho sentito il presidente del Cip Pancalli, di recente, ma mi risulta che gli azzurri siano molto carichi. Credo che faranno molto bene anche loro".