Sabato 20 Aprile 2024

Disastro Juve: così non si salva nessuno

Il flop delle stelle a parametro zero, il gioco che non c’è, Allegri senza più polso in una stagione nera. Si pensa già a Pochettino e Conte

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di Paolo Grilli

Il giorno dopo la disfatta in Champions è d’obbligo, frugando tra i frantumi di una stagione quasi già buttata via, individuare i motivi dell’irrefrenabile crisi della Juve. Una serie di fattori connessi tra di loro e che disegnano la vertiginosa traiettoria di caduta della Signora. Che ora dovrà muoversi per tentare una vera rifondazione, inevitabilmente lunga, dolorosa e tutta in salita.

I CONTI

Il club, negli anni, ha cercato di mantenere un primato anche finanziario sulla concorrenza in Italia: potendo contare su un seguito che le altre si sognano e non lesinando spese. L’operazione Ronaldo, uno sforzo immane, non ha pagato né sul campo né in termini economici, complice il Covid. E così la Juve è passata in quattro anni da un passivo di 19 milioni a 254. La quasi certa eliminazione ai gironi della Champions è una mazzata per il bilancio, e se si sommerà all’esclusione dalle prime 4 in campionato, in una sola stagione gli introiti si potrebbero ridurre di 100 milioni. Un vero inferno per le casse della Continassa.

IL MERCATO

Si è ricaduti nella tentazione dei parametro zero di lusso. Non memori delle esperienze di Ramsey e Rabiot (quest’ultimo passato da corpo estraneo a insostituibile nel giro di soli due mesi, visto il rendimento avvilente dei compagni), si è tornati all’assalto dei senza contratto portando a Torino niente meno che Paul Pogba e Angel Di Maria. Due stelle il cui contributo, causa gli infortuni, è stato però di fatto nullo. Ma che ora gravano coi loro contratti pesantissimi (rispettivamente 10,4 e 7,8 milioni lordi all’anno). Allegri, per la sua seconda stagione dopo il ritorno sulla panchina, ha voluto e ottenuto assi subito pronti a vincere. Come anche Paredes. Ma si è rivelata una strategia perdente. L’investimento su campioni in divenire ha invece pagato nel giro di due anni al Milan, addirittura subito al Napoli. Segno che il calcio è cambiato: contano la programmazione, l’intuito e il coraggio, creare corazzate con le figurine non funziona più.

LA CONFUSIONE TECNICA

Il club ha pensato di fare bingo miscelando restaurazione (Allegri) e rivoluzione (nella rosa). Il risultato è stato una squadra ibrida senza capo né coda, disunita e confusa nei ruoli e nelle consegne. Il centrocampo resta il problema, non creando e non schermando. Dopo i giochisti Sarri e Pirlo silurati nonostante i trofei vinti, il ritorno di Max nel 2021 aveva il confortante profumo delle cose di casa mentre fuori il vento saliva. Ma non si è ricreato l’amalgama di un tempo. Agnelli parla ora di "alchimia negativa": ciascuno sembra trascinare l’altro verso il basso, con la netta sensazione che il tecnico non abbia più il polso necessario per governare la nave nella tempesta.

LE COLPE

Il presidente bianconero le ha distribuite su tutto il club, dalla dirigenza (includendo quindi se stesso) ai giocatori. Mettersi in prima persona davanti al microfono dopo il disastro di Haifa fa onore al numero uno della Juve, ma dichiarare che tutti sono corresponsabili in questa crisi non aiuta a individuare nettamente i problemi e le possibili soluzioni. A fine stagione, dice sempre Agnelli, si tireranno le somme. Ma mancano sette mesi, e una crisi profonda potrebbe rivelarsi quasi irreversibile. Pochettino o Conte, i possibili futuri tecnici della Juve, andrebbero prenotati con congruo anticipo.