Mercoledì 24 Aprile 2024

De Sisti fa 80 anni: "Devo tutto a una doccia"

"Mia mamma mi consentì di proseguire solo se giocavo in un campo con spogliatoi: lo trovai e fu l’inizio della mia carriera"

Giancarlo De Sisti compie domani 80 anni: qui con la maglia della. Fiorentina

Giancarlo De Sisti compie domani 80 anni: qui con la maglia della. Fiorentina

di Roberto Davide Papini

A volte una doccia può fare la differenza nel percorso per diventare campioni. E’ successo a Giancarlo "Picchio" De Sisti, uno dei più grandi registi del calcio italiano. Domani compie 80 anni e dalla sua casa nei Castelli romani ci racconta una carriera straordinaria vissuta da condottiero che non alza mai la voce.

Partendo da una doccia...

"Sono cresciuto nel quartiere romano del Quadraro e a 11-12 anni ero fisso a giocare nel campetto della parrocchia. Solo che lì non c’era uno spogliatoio: la sera tornavo a casa tutto sudato e mia madre si incavolava. Mio padre mi sosteneva in questa passione, anche se capiva le ragioni di mia madre".

E come finì?

"Mia madre disse che potevo continuare a giocare, ma solo in una scuola calcio con tanto di spogliatoio per fare la doccia".

Già da ragazzino era forte?

"Ero il più piccolino, eppure nelle partitine sceglievano sempre me per primo".

Tornando alla doccia, lei passò alla Forlivesi dove c’era uno spogliatoio

"Sì, mi presero e mi fecero giocare subito. Poi passai alle giovanili della Roma".

Quando le viene dato il soprannome di “Picchio”, il modo in cui i ragazzini romani chiamano la trottola?

"Quando ero già nella Roma".

La scalata è velocissima e nel 1961 c’è l’esordio in prima squadra. Il primo gol in A?

"Contro la Fiorentina".

Un segno del destino

"Io non volevo andare via dalla Roma e i tifosi erano contrari alla mia cessione. Antonio Ghirelli, sul Corriere dello sport scrisse: ‘Se vendete De Sisti spareremo dai tetti delle case’. Ero coccolato, mi davano una bistecca al giorno per farmi crescere. E poi avevo una splendida fidanzata, ero innamoratissimo".

L’ha poi sposata?

"Certo, io e Nadia siamo sposati dal 1966 e abbiamo tre figli: Claudio, Barbara e Marco".

Torniamo al passaggio in viola nel 1965 (per fortuna senza spari dai tetti)

"L’ho saputo da un ufficiale mentre ero a fare il militare: mi mostrò il titolo di un giornale. La sera chiamai mia madre e mi disse che erano venuti i magazzinieri della Roma a ritirare la tuta e la borsa. Un po’ ci sono rimasto male, ma non immaginavo che a Firenze avrei trovato il paradiso".

L’accoglienza a Firenze?

"Favolosa. la gente mi festeggiava come se fossi un bel giocatore. Ho avuto anche la fortuna di fare subito gol all’esordio in campionato a Bergamo. Ho sentito subito molto affetto".

Era il momento della giovane Fiorentina “yé-yé” che poi vincerà lo scudetto 1968-69.

"L’allenatore era Chiappella che costruì questa squadra di giovani nella quale avevano individuato me come regista. Pesaola ci dette una mentalità vincente. Eravamo una squadra sbarazzina e con quel pizzico di imprevedibilità che è tipica del giovane".

Non eravate favoriti: quando avete pensato di poter vincere lo scudetto?

"E’ tutto cresciuto partita dopo partita. Ma sono stato sicuro solo dopo la vittoria in casa della Juve, alla penultima giornata”.

Quegli anni furono magici per lei: campione d’Europa nel 1968, lo scudetto nel 1969, vice campione del mondo nel 1970.

“Devo molto al ct Ferruccio Valcareggi che era un burbero dal cuore d’oro. La finale bis degli Europei era solo la mia terza partita in Nazionale. Riguardo ai Mondiali, se ripenso che ho giocato Italia-Germania 4-3 mi vengono i brividi, è stata una grande gioia".

Poi, come allenatore, sfiorò l’impresa storica con quello scudetto sfumato e andato alla Juve tra mille polemiche sugli arbitraggi dell’ultima giornata.

"Credo che nel mancato scudetto incise molto il lungo infortunio di Antognoni. Quella del 1981-82 era una bella Fiorentina che ebbe solo il torto di trovare una Juventus con tanti giocatori che dovevano andare al Mondiale. Il finale di stagione fu piuttosto sbrigativo, molti ebbero l’impressione che non si dovesse andare allo spareggio. Peccato, se avessimo vinto sarei ancora sindaco di Firenze".