Giovedì 25 Aprile 2024

"Dal carcere al rugby, il riscatto delle donne"

La psicoterapeuta Lara Aiello e il progetto ’Spartans’, nelle prigioni del Kenya: "Con lo sport le detenute si preparano al futuro"

Migration

di Paolo Grilli

Il rugby come terapia sociale e dello spirito, per chi vede la propria vita confinata dalle mura di un carcere. La contraddizione è solo apparente, anzi non esiste proprio: tutti sanno che la palla ovale è magica, che questo gioco è duro, ma soprattutto puro.

Lara Aiello, psicoterapeuta, porta avanti il progetto nelle prigioni keniane. Anche una squadra di ragazze, le ’Spartane’, dà vita a questa impresa di “redenzione“ costruita sul campo.

Il rugby come mezzo di recupero e rinascita: perché proprio questo sport?

"Lo sport allinea il corpo e la mente anche fuori dal carcere. È fondamentale per gestire l’aggressività e previene le forme depressive. Dà uno scopo, scarica la rabbia, stabilisce una sana routine, definisce un obiettivo e migliora lo stile di vita. Tutto questo in carcere salva la vita. I valori fondanti del rugby sono lavoro di squadra, rispetto, integrità, disciplina, solidarietà. I nostri Spartani apprendono ‘life skills’ di base che sono imprescindibili per aumentare l’autostima e sviluppare il concetto di dignità".

Quali riscontri ottenete dopo aver instradato le detenute con un passato difficile in questa attività?

"Abbiamo riscontrato che dopo soli pochissimi allenamenti le Spartane sviluppano un senso della disciplina e del team work che le mette nelle condizioni di riuscire ad allenarsi anche nei giorni in cui non è concesso ai nostri coach di entrare in prigione. Si sentono parte di un gruppo e diventano solidali tra loro. Tutte queste donne arrivano da situazioni di vita estreme e si trovano in carcere per lo più perché hanno reagito ad abusi e soprusi. Sono persone svilite dalla vita. Attraverso il rugby sviluppano valori e una forza interiore che le aiuta a costruire la loro dignità. Si sentono forti e capaci di sopravvivere non solo alle dure condizioni del carcere ma anche di prepararsi per il dopo, il ‘fuori’, la società che le attende".

È vero che giocano a piedi nudi?

"Una volta alla settimana i coach entrano in carcere e cominciano a lavorare sui life skills del rugby e li integrano con l’allenamento che si conclude con una partita sul tempo rimanente. Organizziamo ogni 3 mesi partite con squadre che partecipano alla League nazionale. Il nostro è un programma che esiste da dieci anni in Argentina ed ha diminuito la possibilità di recidiva drasticamente. Espartanos Africa è un un’organizzazione non governativa molto giovane costituita da soli volontari, compresa me. Non abbiamo al momento risorse per comprare kit di prima emergenza e abbigliamento adatto al gioco né scarpe e palloni per i nostri Spartani".

Chi sono le persone che si dedicano a questa attività? Lei si cura anche del ‘dopo carcere’?

"I volontari che allenano gli Spartani e le Spartane in prigione sono giocatori di rugby, anche professionisti, e coach che allenano le squadre keniote. Il nostro progetto si sviluppa su tre pilastri fondanti: il rugby, la reintegrazione e l’educazione ad una nuova cittadinanza. Attualmente portiamo il programma in quattro prigioni di media e massima sicurezza, maschili e femminili, di Nairobi, Ogni settimana i nostri educatori di rugby volontari entrano in carcere e preparano uomini e donne, attraverso corsi riconosciuti dalla “World Rugby”, per ottenere la certificazione secondo gli standard mondiali di rugby. Il programma di reintegrazione e di educazione alla cittadinanza comprende un Pacchetto di prima necessità al rilascio dalla prigione (vestiti, un posto dove dormire e cibo per qualche settimana), che in questo momento rappresenta per noi una grande difficoltà economica, l’affiancamento di un mentore, supporto psicologico ed accoglienza all’interno della comunità del rugby. Inoltre, prepariamo il terreno sociale e lavorativo per il reinserimento di coloro che noi ora chiamiamo i Nuovi Cittadini, prevedendo il coinvolgimento di aziende".

Cosa l’ha portata fin nel cuore dell’Africa per seguire questo progetto?

"Il cuore… ed il karma. Credo fermamente nell’importanza di dare una seconda possibilità. Attraverso il nostro programma il rugby ci aiuta a trasformare la vita di chi non ha avuto neanche la prima… di possibilità".