Martedì 23 Aprile 2024

Da Pietrangeli a Panatta: a Roma eravamo i re

Il bis del primo mito azzurro del tennis e il trionfo di Adriano 45 anni fa: poi a prendersi la scena sono stati solo i big stranieri

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di Paolo Franci

Li aspettiamo da una vita, i magnifici ‘70. E li invochiamo in tutti i modi, venerando la moda vintage di quegli anni, rispolverando il suono del vinile di Hendrix e i Pink Floyd, e restaurando moto leggendarie tipo Triumph e Honda Four. Li aspettiamo anche e soprattutto al Foro Italico, quegli anni da leggenda, quelli in cui gli Internazionali, se li guardavi in controluce, si riempivano di tricolore. E non è che il decennio precedente fosse stato avaro in questo senso eh. Anzi, ancor prima a cavallo degli anni 60’ si incastona il mito di Nicola Pietrangeli, uno dei più grandi di tutti i tempi. Nic piazzò il primo grande trionfo nel 1957 contro un altro italiano, Giuseppe Merlo, che due anni prima perse il derby in finale con l’amico di sempre Fausto Gardini. L’anno seguente cedette in finale contro l’australiano Mervyn Rose - nell’era in cui da quelle latitudini arrivavano giocatori mostruosi – ma nel 1961 arrivò il bis, con la vittoria su Rod Laver (6-8 e poi il capolavoro di Nic: 6-1, 6-1, 6.2), la classe fatta uomo e racchetta di legno, uno dei titani del tennis mondiale di tutti i tempi.

E il trionfo di Pietrangeli non andò in scena al Foro, ma a Torino, dove fu spostato eccezionalmente il torneo per il Centenario dell’Unità d’Italia.

Nic giocò ancora la finale, ma il sogno della tripletta gli sfuggì nel 1966, in finale contro Tony Roche, guarda un po’, anche lui australiano. Nic Pietrangeli consacrò il suo tennis al ‘Parioli’ dove qualche anno dopo un ragazzino di nome Adriano entrerà di prepotenza nella leggenda. Adriano era figlio di Ascenzio Panatta, il custode del circolo, un mito di quegli anni.

I due, Pietrangeli e Panatta, troveranno anche il modo di trionfare insieme: Nic da capitano non giocatore, Adriano da stella della squadra. E che trionfo: la magnifica Coppa Davis conquistata con una squadra che batterà l’Australia in semifinale – un tabù nerissimo per noi – con un serratissimo 3-2 e poi in finale il Cile, nella giornata delle ‘magliette rosse’ sfoggiate dagli azzurri per contestare il regime di Pinochet.

A proposito: non si confonda quel rosso con i colori politici degli anni ‘70. In realtà, a prescindere da racconti fantasiosi, quelle maglie furono omaggio alle madri e mogli e fidanzate che avevano perso i congiunti senza che ve ne fosse traccia – il regime di Pinochet era spietato – e, per farsi sentire e vedere sventolavano fazzoletti rossi.

In quella magnifica Nazionale, come sabbia in un pugno, sono ristretti i quattro uomini che hanno rappresentato la pura essenza, la magia e l’indubbio merito di piazzare racchetta e palline bianche – eh sì, all’epoca le gialle erano per le partite in notturna, quasi sempre...- al fianco dei palloni da calcio: Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli.

E arrivano gli anni ‘70. Il primo guizzo non è mica di Panatta, ma di Paolo Bertolucci, giocatore sublime tecnicamente e compagno di doppio inseparabile di Adriano nelle battaglie di Davis. Paolo arriva in semifinale contro Ilie Nastase – altro mostro sacro – e perde al quinto set in uno dei match considerati tra i più belli di sempre. Sono gli anni in cui "Dopo una partita magari mi prendevo un gelato con Borg al bar del tennis e si passeggiava tra la gente, mica come adesso che i giocatori sono star irraggiungibili...", ci ha raccontato tempo fa Panatta.

Proprio lui, nel leggendario 1976, anno in cui trionferà al Roland Garros, vincerà Roma contro un altro tennista leggendario, l’argentino Guillermo Vilas. Quelli sono gli anni in cui Panatta non solo vince, ma diventa icona, poster nelle camerette dei ragazzi e tutto quello che può far rima con ‘star’ pur camminando tra la gente, mica come la generazione Cristiano Ronaldo. Nel 1978 Adriano ci riprova contro un suo amicone dell’epoca, un certo Bjorn Borg. Perderà al quinto set dopo una battaglia epica, Borg stordito da un puntura di un insetto al sopracciglio e quattro monete da cento lire lanciate poco sportivamente contro lo svedese dagli spalti. Nel mezzo, c’è gloria anche per il Ringo Starr di questi Beatles del tennis, Tonino Zugarelli che arriverà in finale perdendo contro Gerulaitis. Da lì in poi, sull’azzurro cala il buio e stiamo ancora aspettando che tornino quei leggendari anni ‘70. E chissà che quest’anno...