Mercoledì 24 Aprile 2024

Da partita a sinonimo di disfatta Settant’anni fa il "Maracanazo"

Il Brasile superfavorito in casa perse dal modesto Uruguay: e la colpa fu tutta dell’incolpevole Barbosa.

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di Leo Turrini

Me lo fecero vedere da lontano. Inizio anni Novanta, stavo in Brasile per un Gp di F1. Mi dissero: vedi quel signore là, con la faccia triste? È Barbosa, il portiere che fece perdere alla Selecao il mondiale del 1950...

Povero Barbosa! Perseguitato a vita per un errore che in realtà nemmeno aveva commesso. Perfetto capro espiatorio. Alibi di un popolo intero per una sconfitta leggendaria, il “Maracanazo”. Simbolo di una verità confermata anche da Jessica Rabbit nel mitico film di Zemeckis: noi non siamo come siamo, siamo come ci racconta chi ha il potere di narrare la storia.

Settanta anni fa. 16 luglio 1950. Primo mondiale post guerra. L’Italia detentrice del titolo subito eliminata. Brasile padrone di casa e favoritissimo. Formula curiosa e mai più ripetuta: niente finalissima, ma un girone a quattro. Dominato dalla Selecao, fino a quell’ultima partita. Contro l’Uruguay. Che aveva un punto in meno e praticava con ostinazione un gioco che era la negazione della idea di spettacolo. Un bus davanti all’area di rigore, ritmi lentissimi. Versione del magno Gianni Brera: nessuno è bravo come gli uruguaiani a difendere la sconfitta...

La pensavano così anche i duecentomila carioca che stiparono lo stadio, appunto il Maracana. La pensava così il governo brasiliano, che alla vigilia della partita aveva già premiato i giocatori per l’impresa, Barbosa compreso. La pensava così anche Jules Rimet, l’uomo che aveva creato i mondiali di calcio nel 1930: aveva preparato una unica versione del discorso conclusivo, in lingua portoghese. Consegnò la Coppa agli uruguaiani restandosene zitto.

Due ore dopo il calcio d’inizio, la notte della disperazione calò sul Maracana. Decine di persone morirono d’infarto. Alcune si suicidarono. Per tutto il Brasile si sparse un sentimento di folle frustrazione. “Maracanazo” diventò parola nuova del vocabolario, significando tragedia, catastrofe, incubo.

Cos’era successo? Una cosa semplicissima: l’Uruguay dimenticò di difendere la sconfitta. Dopo un gol del brasiliano Friaca, nel delirio di una nazione si insinuò il tarlo del dubbio. Pareggiò Schiaffino, un gigante che avrebbe poi esaltato anche i tifosi del Milan. E di lì a poco Ghiggia, a sua volta accolto dalla nostra serie A, firmò l’incredibile sorpasso.

E Barbosa? Poveraccio, fu trasformato nell’eroe alla rovescia. Ci voleva un colpevole. Chi aveva tradito? Il portiere! Aveva rovinato il sogno! Aveva pugnalato alla schiena il popolo!

Era vero? Per niente. Dai frammenti in bianco e nero, si intuisce che Barbosa non commise errori gravi (nulla di paragonabile, per capirci, alla papera dell’interista Handanovic l’altra sera con il Torino).

In fondo, anche settanta anni dopo, è questa la lezione autentica del Maracanazo. Mai fidarsi di chi ha il potere di alterare la storia raccontandola come meglio crede.

C’è un Barbosa in ognuno di noi, non lo sapevate?