Da Lukaku al fratello Gianluca: gli uomini di Conte

La squadra segue alla lettera il tecnico: merito anche di uno staff di fedelissimi tra cui il suo familiare, inseparabile in campo e fuori

Migration

di Giulio Mola

Un Eurostar in piena corsa e difficile da fermare. L’Inter capolista e collezionista di grandi numeri sabato sera cercherà col Sassuolo il nono successo di fila, con la speranza di allungare ulteriormente sulle dirette inseguitrici nella lunga corsa tricolore. Da due mesi i nerazzurri non conoscono ostacoli, aggrappati all’esperienza del loro allenatore Antonio Conte e ai gol della straordinaria coppia Lukaku-Lautaro. Neppure il fastidioso contrattempo di ieri (D’Ambrosio “positivo“ al Covid e in quarantena presso la propria abitazione ma pronto a rassicurare tutti: "Fortunatamente sto bene, ho solo un po’ di febbre e stanchezza") che costringe la squadra all’isolamento fiduciario, ha minato le certezze di uno spogliatoio che vede l’obiettivo scudetto sempre più vicino.

Merito dei giocatori (65 gol fatti, miglior attacco della A, 26 reti subìte, seconda difesa dietro la Juve), reattivi e decisi soprattutto nei secondi tempi come nessuno in Europa (45 volte a segno); ma merito soprattutto del tecnico salentino che in venti mesi ha conquistato la media punti più alta dell’Inter relativa all’ultimo quarto di secolo. Con lui per 90 volte in panchina, 55 partite vinte, pareggiate 21, perse 14. Neppure lo “Special One“ ci era riuscito. Tutto ciò grazie all’unica regola che Conte ha imposto al Suning Center sin dal giorno del suo insediamento: "Il mio verbo è uno solo... lavorare, lavorare e ancora lavorare" (dipendesse da lui si porterebbe la panchina a casa), continua a ripetere l’allenatore martellando quotidianamente i calciatori. Al suo fianco preziosissime persone che lavorano nell’ombra: lo staff medico coordinato dal professor Piero Volpi, prima di tutto. E poi il vice Cristian Stellini (3 presenze da allenatore in “pectore“ e 3 vittorie), il collaboratore tecnico Paolo Vanoli, i preparatori atletici Antonio Pintus, Costantino Coratti e Stefano Bruno, il preparatore dei portieri Adriano Bonaiuti, il nutrizionista Matteo Pincella. E “ultimo“ (ma forse il più importante, e non solo per motivi affettivi) il fratello Gianluca, collaboratore, osservatore e match analyst, colui che è sempre al fianco del tecnico, in tribuna o fuori dal campo. Sono questi gli uomini del “Komandante“ Conte: tutti utili e indispensabili. Condividono idee e metodi di lavoro, quelli grazie ai quali l’Inter ha colmato in meno di due anni il gap con la Juventus arrampicandosi sulla vetta della A.

Poi ci sono le regole, quelle dello spogliatoio (e valgono per tutti, campioni e gregari, senatori e giovani). Dove la squadra viene prima del singolo e la parola “io“ viene sostituita dal più corposo “noi“. . Dove la fame di successi viene coltivata giorno dopo giorno con la cultura della fatica. Dove vincere dovrebbe dire convincere. Pochi ma fondamentali concetti sono nella filosofia contiana: la velocità di pensiero è fondamentale come quella delle gambe, l’aggressività deve andare pari passo con la correttezza, la parola “cuore“ equivale a “maglia sudata“. Ogni sua squadra diventa quasi una setta alla ricerca dell’impresa. Conte garantisce sempre attenzione e grande partecipazione. E lo fa comunque dall’alto di una competenza forte e dal saper gestire come pochi i cento minuti di ogni partita alla faccia dei patetici #Conteout. Conte alle polemiche ci è abituato. Si nutre di polemiche. Diretto, totalizzante, duro, a tratti eccessivo. Non ha paura di passare per antipatico perché per chi lo conosce bene è un amico simpatico, così come si è mostrato sui “social“ da poco scoperti: per lui conta solo la vittoria. Perché l’unica cosa che non sopporta è perdere...