Giovedì 18 Aprile 2024

Da Bikila a Girmay, le prime volte dell’Africa

L’eritreo primo a vincere una Classica di ciclismo: Chester Williams abbattè la barriera degli Springboks, il Marocco quella ai Mondiali

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L’eritreo Biniam Girmay, primo africano a vincere una classica del ciclismo come la Gand-Wevelgem, ha abbattuto l’ennesimo ostacolo che gli atleti provenienti da quel continente stanno superando per il riconoscimento di una completezza sportiva ai massimi livelli.

Nel ciclismo, in realtà, la strada era stata aperta dal Team Qhubeka, prima squadra professionistica africana, nata in Sudafrica sulla scorta del successo in Etiopia e Ruanda delle due ruote, per dare il via a un lungo cammino.

Un percorso lungo e sofferto, costellato di storie commoventi. E di prime volte significative. Come quella di Reginald Walker, oro dei 100 a Londra 1908: era bianco, nato in Sudafrica e chiaramente di origine inglese. Perché il ‘Continente nero’ vedesse un suo atleto d’oro dovrà aspettare Amsterdam 1928, con la vittoria nel sollevamento pesi di El Sayyed Nosseir.

Ma per la Regina dei Giochi, l’atletica, il percorso è stato più accidentato: il traguardo era stato raggiunto da Boughéra El Ouafi, podista nato in Algeria, vincitore della maratona del 1928. Primato mai riconosciutogli perché correva sotto la bandiera della Francia, della quale l’Algeria era una colonia, nazione che lo dimenticò rapidamente.

Indimenticabile, invece, la corsa a piedi nudi di Abebe Bikila a Roma ‘60, fino all’oro della maratona: il primo per un atleta nero, non figlio di colonizzatori e dall’Africa subshariana. Rugby e Sudafrica, un binomio che non può prescindere dal nome di Chester Williams. Scomparso nel 2019, fu il primo Springbok di colore dell’era professionistica, nonché vincitore della Coppa del Mondo di rugby 1995. Per il suo ruolo nella conquista del trofeo, disputato dopo il termine del regime di apartheid, Williams è una figura simbolo del nuovo Paese multirazziale, impostosi all’interno di una squadra storicamente riservata ai bianchi. Sempre in Sudafrica, Peter De Villiers, ex mediano di mischia, nel 2008 divenne il primo tecnico ‘coloured’, incarico ricoperto fino al 2011. E poi c’è il calcio: ad aprire le porte delle grandi manifestazioni internazionali all’Africa fu il Marocco che in Messico ‘70 ottenne la prima storica qualificazione di quel continente ad un mondiale, seguito quattro anni dopo dallo Zaire. In Argentina, 1978, la Tunisia battè 3-1 il Messico, prima squadra africana a vincere una partita. Ma l’anno che ha segnato la storia calcistica dell’Africa è il 1990. Il Camerun di Roger Milla sconfisse gli argentini di Maradona campioni in carica nella partita inaugurale, gol di Omam Biyik: la prima vittoria contro una nazionale campione del mondo in carica.

Un percorso passato poi per il primo oro olimpico nel calcio con la Nigeria, nel 1996, e culminato, nel 2010, con l’approdo in Africa del primo Mondiale, per l’esattezza in Sudafrica. Ora per il calcio manca solo la consacrazione definitiva: l’approdo fino alla finale o a una semifinale, perchè fino ad oggi questo traguardo, pur a volte pronosticato per qualche Nazionale africana, è però sempre sfuggito.

E lo scorso gennaio è caduto anche un muro che ne nascodeva un altro: Salima Mukansanga, 33 anni, ruandese, è diventata la prima donna a dirigere una partita della Coppa d’Africa, Zimbabwe-Guinea. Ex giocatrice di basket, ha così scritto una pagina epocale, in un continente che solo da poco ed a fatica sta riconoscendo anche nello sport parità di diritti.