CR7, ora Messi: arabi pigliatutto

Giuseppe Tassi

Il Lawrence d’Arabia di oggi si chiama Hervè Renard, un giramondo francese con la faccia da Indiana Jones. È lui l’uomo che ha condotto la nazionale di calcio saudita al più brillante risultato della sua storia: la vittoria per 2-1 sull’Argentina (poi campione del mondo) in Qatar.

Il novello Lawrence è un ottimo simbolo per impersonare la sete di denaro e di gloria che spinge lo sport e il calcio saudita a reclamare sempre più spazio e riflettori.

L’ingaggio di Cristiano Ronaldo da parte dell’Al Nassr con un compenso annuo che arriva a 200 milioni (70 di stipendio più prebende varie) chiarisce in modo inconfutabile quali siano gli obiettivi e le ambizioni del calcio arabo: diventare un paese capace di attrarre campioni e smuovere ingenti somme di denaro verso Riad. Per rispondere alla mossa eclatante dei rivali dell’Al Nassr, i grandi capi dell’Al Hilal corteggiano Leo Messi, promettendo alla Pulce campione del mondo un ingaggio da 300 milioni a stagione.

In attesa che l’Arabia diventi la nuova Premier League del pallone, come vorrebbe il nuovo sovrano Abdullah Ibn Abdulaziz, anche i vertici politici del paese si stanno adoperando per imitare i successi organizzativi del Qatar. Nel 2027 l’Arabia Saudita ospiterà la Coppa d’Asia e c’è già in programma la candidatura per i mondiali del 2030.

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