Giovedì 18 Aprile 2024

Con Insigne Mancini ritrova un’Italia da 10

Il numero di Baggio e del ct, sinonimo di libertà e fantasia, è sacrificato dal calcio moderno: grazie al talento di Lorenzo però è tornato

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di Paolo Franci

Una maglia mistica. Cucita col filo della leggenda e l’ago del talento. Del dono di Dio. D’altra parte: Maradona e Pelè. Forse è per questo che alla fine ’el Diez’, per dirlo all’argentina, è sempre al centro della passione e della polemica perchè da lassù, tra Edson Arantes e Diego, si può solo rotolare giù. O forse perchè ha espresso e ancora esprime un concetto politico: la totale libertà di essere se stessi. Di fare ciò che il talento indica al destino spostando risultati e classifiche. Oddio, il Dieci come lo intendiamo noi non esiste più. E’ finito con Baggio, Mancini, Del Piero, Zola e Totti. Loro gli ultimi. Poi è arrivata l’evoluzione e il Diez, per giocare, deve saper fare un sacco di cose. Però poi, se ti capita una botta di fortuna (tanta fortuna) e ti ritrovi un ct che è stato uno dei migliori Dieci al mondo...

E’ ciò che è capitato a Lorenzo Insigne, che all’Europeo indosserà quella maglia maledetta e benedetta, a seconda di chi l’ha indossata. Lui - "e basta con la definizione ’folletto’ no? mica è un’aspirapolvere", ha osservato ridendo un suo compagno e amico del cuore - l’ha presa sul serio, ne ha tratto forza e fiducia, fino a diventare uno dei leader del gruppo azzurro. Attenzione: a suon di prestazioni.

Lorenzinho l’aveva già indossata. Poi un giro per Grifo e sulle spalle di Bernardeschi. Ora, di nuovo a Insigne. Meritatissima, finora. Non sempre però la Dieci finisce sulle spalle di chi ha dribbling, fantasia e vede linee di passaggio proibite alla vista dei più. Capita che finisca, a più riprese, sulle spalle di Verratti. Giocatore di livello mondiale, ma non un Baggio o un Mancio.

E chi ha dimenticato, invece la bufera che si scatenò sulla scelta di Antonio Conte? CIoè, in quei giorni di vigilia dell’Europeo del 2016, non bastava la polemica feroce sulla convocazione di Sturaro e non di Jorginho che poi diventerà quel che è diventato, vero Conte? Per non farsi mancare nulla Conte mise quella maglia da leggenda nell’armadietto di Thiago Motta. Apriti cielo. Per poco non cade il governo, come se il Paese non avesse altro a cui pensare che alla storia della Dieci a Motta. Che poi, se vai a vedere, ce ne sono state di situazioni particolari, o perlomeno lontane anni luce dall’immaginario che voleva i Rivera, gli Antognoni, gente dal piede disneyano, lo stile di un dandy e il cervello di un Einstein del pallone.

In principio, nel 1954 quando fu introdotta la numerazione fissa ai mondiali, fu Gino Cappello attaccante del Bologna a indossare quella maglia. Poi, nei ruggenti anni ’60 lo fanno davvero strano, per dirla alla Verdone.

La indossa il napoletano Juliano al Mondiale del disastro con la Corea. Poi tocca a Mario Bertini, centrocampista, al Mondiale del ’70. E perchè non Rivera? Era riserva, il Divino Gianni. E qui arriviamo oltre: l’ha indossata anche Facchetti all’unico Europeo vinto dall’Italia in mezzo al mondo che attraversa una rivoluzione, nel 1968. Giacinto è leggenda quanto si vuole, ma pur sempre un terzino no?

E le stranezze mica finiscono qui. Al Mondiale del 1978, nel quale l’Italia incanterà in Argentina, il Diez è Romeo Benetti, un carro armato, non certo un’Aston Martin, calcisticamente parlando. E quando vinciamo il Mondiale nell’82 va finalmente su spalle nobili? Quelle di Antognoni? No, lui è il 9. La prende Dossena che non giocherà manco una partita. All’Europeo dell’88, la scelta è naif: la indossa Gigi De Agostini, prototipo del triplolavorista, in grado di fare di tutto. Poi tocca a Nicola Berti a Italia 90 e all’Europeo del ’96 arriva il turno di Albertini. Eppure in quegli anni in Nazionale giravano Giannini, Baggio, il Mancio, Zola e Del Piero.

Adesso però, la Diez è sulle spalle di quel ragazzo che non è un’aspirapolvere, come dice il suo amico di maglia azzurra. E speriamo che possa indossarla fino alla fine dell’Europeo.