Cinque volte Messi per dribblare Maradona

Leo debutta nel suo quinto mondiale, l’unico grande trofeo che gli manca per uscire dall’ombra di Diego: "Sto molto bene"

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di Paolo Franci

Cinque Leo Messi che palleggiano tra loro in mezzo al campo, con gli spalti deserti. Sì, cinque Leo Messi, ognuno di età diversa, ognuno con il suo Mondiale. Scorrono le immagini al ritmo sincopato di ’Live is Life’, brano classico da stadio, ed occolo lì il suo marchio di fabbrica firmato Adidas: “Impossibile is nothing“ in versione ’mundial’ efficacissima per lanciare l’ultima e definitiva sfida della Pulce al tetto del mondo. Il video, andavetevelo a cercare su youtube, è bellissimo e si intitola ’The impossible rondo“.

Quattro di questi Leo, il Mondiale non l’hanno vinto anche se uno di loro l’ha sfiorato nel 2014, costruendo mattone dopo mattone l’ossessione di chi è legittimo erede di Diego senza aver fatto quello che ha fatto Diego. Il quinto Messi, l’ultimo, proverà a giocare l’ultima mano di una partita iniziata al 29’ del secondo tempo del match con la Serbia, al Mondiale 2006. Delusione dopo delusione, mettendosi sulle spalle colpe anche non sue nei diversi flop mondiali, Leo è arrivato al Qatar avvolto dalla magnifica ossessione. Lo raccontava proprio lui ad America tv, quattro anni fa, precisamente il 19 marzo 2018, pur in corsa per un triplete con il Barcellona che non arriverà. "Per molti di noi sarà l’ultima chance, per questo andrò in Russia deciso a riportare in Argentina il titolo. E’ il sogno di una vita e diventa ricorrente in ogni Mondiale. Per questo piansi nel 2014, quando ci arrivammo vicinissimi. E’ la nostra ossessione, il nostro chiodo fisso". Un chiodo che è rimasto lì, piantato nel cuore dell’Albiceleste. E a volte il pallone rotola ingiusto. Non conta aver fatto gol, ribaltato gare come nelle eliminatorie per il mondiale russo, quando la storia di Leo diventa maradoniana.

L’Argentina è a un passo dall’eliminazione con l’Ecuador, sotto uno a zero. Però c’è Leo che segna una tripletta e si va al Mondiale per uscire agli ottavi con la Francia. Ecco, giusto per fare un esempio. Il rotolar ingiusto però, sta nel fatto che se hai Leo e non vinci, è perché Leo non ha fatto il Leo. Punto.

Il senso di ingiustizia nei confronti di questo affresco del pallone in sublime movimento, ha però un dolce rovescio della medaglia e, ieri, è stato proprio lui ad incorniciarlo, alla vigilia della gara con l’Arabia Saudita: "Ma è bellissimo che tanta gente che non è argentina - dice Messi - desideri che la nostra nazionale sia campione a causa mia, per il fatto che pensa che io lo meriti. Non posso fare altro che ringraziare per tutto l’affetto che ho avvertito nei miei confronti nel corso di tutta la carriera, e in ogni parte del mondo. Ora non so cosa succederà, veniamo da una serie di vittorie (l’Argentina è imbattuta da 35 partite ndr) e questo ci dà forza, facendoci lavorare con meno ansia. Questo gruppo mi ricorda quello del 2014, che era molto unito e aveva molto chiaro ciò che voleva".

Sull’ansia, Leo mente e lo sa. Anche se a 35 anni e dopo aver vinto la Coppa America si sente più sereno e pronto. Anzi, prontissimo: "Sto attraversando un gran momento. Gli allenamenti personalizzati? No, ma la preparazione è diversa perché siamo in mezzo alla stagione". Sorride, timido, poi dice sottovoce: "Sicuramente sarà il mio ultimo Mondiale. E’ l’ultima opportunità di realizzare il mio grande sogno". Il quinto Messi la chiude così, ripensando agli altri quattro e accarezzandoli col pensiero: "Stavolta andrà diversamente". Nel nome di Diego, verrebbe da aggiungere.