Con Fiorenzo Magni, se ne va una grande figura del ciclismo e di tutto lo sport italiano, l’ultimo campione dell’epopea della bici in Italia. La sua storia importante resta sospesa fra due soprannomi: il ‘Terzo Uomo’ e il ‘Leone delle Fiandre’.

Il primo si ricollega alla sua convivenza con Coppi e Bartali, i due campionissimi. Ma lui, grazie soprattutto al suo temperamento, riusciva a vincere dove loro non arrivavano. Non era uno scalatore come Bartali e non aveva la grande classe di Coppi, ma sapeva reagire con la sua potenza in pianura, l’audacia in discesa e la tenacia in montagna. Un grande temperamento, quello di Magni, una forza di carattere anche superiore a quella di Coppi. Con Bartali, sotto questo aspetto, era più difficile competere.

Capace di vincere tre volte il Giro, Magni, e l’ultima a 35 anni. La foto mentre regge con i denti un tubolare attaccato al manubrio è nella leggenda del ciclismo. Aveva una spalla fratturata, quel giorno a Bologna, in una tappa del Giro. Il ‘leone delle Fiandre’ è legato al suo clamoroso tris di vittorie, dal ’49 al ’51, nel Giro delle Fiandre, per quei tempi un’impresa straordinaria. Il soprannome, mutuato dal leone che compare nella bandiera fiamminga, gli fu dato da un giornalista della Gazzetta, e da quel giorno è transitato direttamente nel mito del ciclismo.

Da commissario tecnico della nazionale, ha vinto con Adorni il mondiale di Imola del ’68. E’ stato anche il primo a portare uno sponsor, la Nivea, nel mondo delle due ruote. Un campione, Magni, un grande della storia dello sport italiano, un pezzo di storia che ci saluta. Il suo ciclismo lo piange. E lo ringrazia, per tutto quello che ha fatto.

di Alessandro Fiesoli