Venerdì 19 Aprile 2024

Chillemi, acrobazie con vista su Parigi

La siciliana è il talento azzurro della breakdance, che debutterà alle Olimpiadi del 2024: "Ma quella sportiva si chiama breaking"

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di Doriano Rabotti

E’ ancora presto, ma è possibile che Alessandra Chillemi sia la prima italiana della storia a competere in una Olimpiade nella breakdance, o come viene chiamata a livello sportivo, nel breaking. 23 anni, siciliana di Messina trapiantata a Padova, la Chillemi è l’astro nascente azzurro in uno sport che debutterà ai Giochi sotto la Torre Eiffel.

Alessandra, perché ha scelto la breakdance?

"Ballo da quando avevo sei anni, ho iniziato grazie ai miei vicini di casa. Vivevo in una base della Marina Militare, mio padre era in Marina, e potevo sempre girare libera. Un giorno ho visto due ragazzi che stavano facendo strane acrobazie ed è stato un colpo di fulmine, io facevo danza classica e sono rimasta stregata, mi sono detta: voglio fare questo. Ho iniziato a spiarli. È iniziato tutto così, oggi loro fanno parte del mio stesso gruppo, anche se sono riuscita a dire che li copiavo solo dopo qualche anno".

Che differenza c’è tra breaking e breakdance?

"Il termine corretto è breaking, la breakdance è più commerciale. Stiamo cercando di fare attenzione, è una questione culturale".

Come funziona la gara?

"Il format per le Olimpiadi prevede l’uno contro uno davanti a una giuria di esperti. Per i Giochi sono stati dati criteri di valutazione precisi: giudicano la prestazione fisica, quella tecnica e la varietà; la musicalità, l’anima e la performance; la creatività e la personalità".

Come vi sfidate?

"Balliamo su una canzone a sorpresa messa su da un dj, non la conosciamo prima. Dobbiamo interpretarla senza regole, non ci sono coefficienti di difficoltà come in altri sport con la giuria. Tutto si rivolve in pochi minuti, nell’uno contro uno si fanno round da 40 secondi a testa, parte un concorrente e l’altro deve rispondere. Poi dipende molto dalla giuria".

E quindi ci sono valutazioni soggettive. E rabbia...

"A volte succede, ma è una ruota che gira. I giurati sono ex ballerini che hanno superato un esame per prendere un brevetto. È tutto nuovo"

Chi sono i più forti al mondo?

"Nel maschile gli americani e i giapponesi, tra le ragazze le giapponesi. Noi ce la giochiamo, nell’ultima Red Bull BC one che raduna i migliori al mondo io e l’altra azzurra Anty Lai siamo arrivate tra le prime sedici".

Diciamoci la verità: ha senso che la breakdance sia uno sport olimpico?

"Bella domanda, il dibattito è aperto anche tra di noi, perché veniamo dalla strada e alle nuove generazioni spieghiamo che se si avvicinano alla breaking per andare alle Olimpiadi, non va bene. Per noi ha senso essere ai giochi perché balliamo come artisti, ma ci alleniamo come atleti. Io lavoro sei ore al giorno, ed è una cosa in più che non cambia i nostri valori, possiamo continuare a fare i nostri eventi underground. Sono sicura che lo spettacolo piacerà al pubblico".