Casa Ducati, un mondo che spinge Bagnaia

Viaggio nella fabbrica della Rossa: a Borgo Panigale l’attesa del weekend di Valencia, per una doppietta italiana che manca da 50 anni

Il rombo del motore Desmo galoppa allo stesso ritmo del cuore dei 1.900 dipendenti della Ducati, accelera mentre la Rossa si appresta a concludere la vigilia più lunga della sua storia, l’ultimo atto del Motogp domenica a Valencia (con maxischermo interno riservato a dipendenti e club dei tifosi).

Benvenuti nel cuore di Borgo Panigale, dove i miracoli sono fatti in serie proprio perché sono le persone e non gli ingranaggi, a confezionare il mito. Quello che va in pista per cercare con Pecco Bagnaia una doppietta mondiale made in Italy che manca dal 1972, dai tempi di Agostini sulla Mv Agusta. Ma anche quello che va in strada: dalla fabbrica che produce i bolidi per Motogp e Superbike escono 400 modelli al giorno in alta stagione (da febbraio a maggio, quando si aggiungono 250 operai per fronteggiare il picco delle richieste), che scendono, si fa per dire, a 150 quando la stagione delle vendite è più bassa.

Benvenuti nell’officina dei sogni, dove turisti e studenti aspiranti ducatisti possono vedere il museo e la fabbrica a pochi metri l’uno dall’altra, 48 visite guidate a settimana. La nostra è stata condotta dalla bolognese Ilaria Pieratelli che dopo la laurea in lingue all’Alma Mater ha imparato anche il lessico della leggenda, raccontando moto che hanno fatto il giro del mondo (con Leopoldo Tartarini e Giorgio Monetti tra il 1957 e il 1958) e altre che erano talmente nel futuro da obbligare i giudici del presente a cambiare la regole, come quella di Dovizioso con le ali da astronave sul muso. Ilaria, come noi da ieri, sa che in Ducati non importa se sei all’apice della progettazione o avviti bulloni: la passione che muove tutti è la stessa, come dimostrano le due storie che stiamo per raccontarvi.

Il capo

Luca Canfarini è il direttore dello sviluppo motori di Ducati Corse. E’ talmente scaramantico che l’intervista non la vorrebbe neanche fare, per paura di dire una virgola che inclini il piano astrale: "Dei voti che ho fatto non parlo, anche in casa non dico niente perché alle vigilie non ci si abitua mai. Anche se c’ero nel 2007 e le sensazioni sono simili, cerchiamo di non parlarne per esorcizzare l’ansia dell’attesa – racconta –. In azienda tutti abbiamo una grande partecipazione emotiva agli eventi".

Non c’è più neanche il derby interno, tra i ducatisti di Motogp e Superbike: "Una volta i puristi dicevano che il nostro mondo era la Sbk, ma le differenze sono passate in fretta anche perché Capirossi ci ha portato nel mondo delle Motogp con grande passione. Oggi i due gruppi lavorano a stretto contatto e c’è un passaggio di esperienze tra Motogp e Superbike, soprattutto in ambito di elettronica".

La vera soddisfazione è vedere che il tabù della Ducati moto difficile da guidare è ormai infranto, le Rosse dominano con piloti e squadre diverse: "In realtà un segreto non c’è, sono tanti piccoli fattori e non è una cosa arrivata quest’anno, è un progressivo miglioramento che ha portato a evoluzioni tecniche. Siamo un gruppo molto unito, Gigi Dall’Igna è riuscito a farci lavorare in modo coeso. E sentiamo molto l’orgoglio di rappresentare l’Italia, noi e Bagnaia: non abbiamo nulla da invidiare agli stranieri, siamo molto bravi perché lavoriamo tanto".

I tifosi in casa

Fabio Mancusi ha 30 anni viene da Potenza, Michele Sasso ne ha 43 ed è di Palermo. Lavorano nel reparto motori della produzione di serie, si sono presi il prossimo lunedì di ferie perché sabato voleranno a Valencia per fare il tifo. Michele lavorava già a Borgo Panigale nel 2007, quando Casey Stoner portò il primo e unico mondiale piloti: si è tatuato il nome della Ducati su un avambraccio. "Se mi farò un altro tatuaggio dopo Valencia in caso positivo? Vediamo, può darsi".

Fabio di tattoo ancora non ne ha, ma è pronto (quasi) a farsi disegnare la Hypermotard sulla pelle. "Se Pecco dovesse farcela – dicono in coro –, un italiano su moto italiana: sarebbe lo sposalizio perfetto".

Ci invitiamo da soli, gli sposi non se la prenderanno.