Giovedì 25 Aprile 2024

Carapaz da solo tiene alle spalle la "crema" del Tour E porta il primo oro del ciclismo all’Ecuador

Ha battuto tutti, a partire da Pogacar e Van Aert, senza poter ricevere aiuto dal compagno Narvaez

di Angelo Costa

Primo ecuadoriano a vincere una grande corsa a tappe (Giro d’Italia, due anni fa), primo anche a conquistare il podio al Tour (terzo, quest’anno), Richard Carapaz si concede un altro inedito: mai un sudamericano aveva vinto la prova su strada del ciclismo ai Giochi. Non è il primo, invece, a portare l’oro olimpico alla patria: ci riuscì già un podista, Jefferson Perez, un quarto di secolo fa ad Atlanta. ‘Nel mio Paese saranno impazziti’, sorride la ‘locomotora del Carchi’, la regione agricola a tremila metri di quota dove è nato e ha famiglia: sa bene cosa lo aspetta al ritorno, l’accoglienza da trionfatore l’ha già provata.

A far riesplodere la Carapazzia in Ecuador è uno scalatore di 28 anni che a Tokyo, correndo praticamente senza compagni (il suo unico compagno Narvaez è arrivato a 10 minuti) si è lasciato dietro la crema del Tour, uno strepitoso Van Aert e l’onnipresente Pogagar. Impresa maturata negli ultimi 25 chilometri nella fornace del Fuji, scappando con l’americano McNulty e restando solo a sei dall’arrivo, impresa che verrà raccontata a distanza, perché il suo Paese non ha un inviato presente ai Giochi. Ora Richie è atteso dal presidente Lenin Moreno, che da tempo vorrebbe esporre in un museo la sua prima bici, regalatagli dai genitori dopo averla presa in una discarica: "Quella non si tocca, è un bene troppo prezioso", replica l’olimpionico.

E’ un bene anche Carapaz per l’Ecuador: grazie ai suoi successi (anche un secondo posto alla Vuelta e l’ultimo giro di Svizzera in cinque stagioni da pro), il suo borgo natìo, El Carmelo, a due passi dalla Colombia, è diventato meta di pellegrinaggi turistici. Figlio di contadini, fino a poco tempo fa, quando era libero dalla bici, aiutava i genitori nei campi e col bestiame: da ragazzo semplice qual è, potrebbe continuare a farlo anche nella nuova veste di eroe nazionale. In un ordine d’arrivo dove i primi otto sono tutti reduci dal Tour, c’è poca Italia, per quanto dignitosa: miglior azzurro Bettiol, quattordicesimo, frenato dai crampi nel finale mentre era con i migliori, ventesimo Moscon, oltre il cinquantesimo posto Nibali, sacrificatosi per la squadra.